Cultura Scicli

Ciccio Massari, u Rausanu i Supra

Un negozio che ha 125 anni di storia

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/29-03-2017/ciccio-massari-rausanu-supra-500.jpg Ciccio Massari


Scicli - È al centro di Scicli, tutti lo conoscono da sempre, la gente e la città stessa sono cresciute col suo proprietario che, dicono tutti, qui è nato e qui è sempre stato. A un occhio attento non sfugge l’insegna d’altri tempi con quel nome in inglese e ancor meno la sua vetrina con esposte, tra le altre cose, le bottiglie di Cynar e, ancor più particolare, una di liquore Mussolini. Per gli Sciclitani è tradizionalmente “U Rausanu i supra”, nonostante il proprietario ragusano non sia e da trent’anni non ci sia più il contraltare “i sutta”. Nel bel mezzo di Via Nazionale, a pochi metri da quel Palazzo Beneventano e da quella via Mormina Penna beni UNESCO, il tempo si è fermato tra gli scaffali del Leader Market, tra la merce che le esperte mani di Ciccio Massari, classe 1937, hanno sistemato per tutta la vita.

Quando e come è nato questo negozio?
Il negozio ha 125 anni, io rappresento la terza generazione. I miei bisnonni erano ragusani, avevano un “funnicu”, una sorta di pensione dove trovavano ristoro i carrettieri e i loro animali, stremati dal viaggio da Catania, lì dove Ragusa finiva, in piazza San Giovanni. Mio nonno e suo fratello vennero a Scicli e vi fondarono di fatto il commercio: all’inizio erano venditori ambulanti, poi aprirono due negozi, uno è questo e l’altro era attiguo a Palazzo Beneventano, dove oggi c’è la farmacia. Gli Sciclitani li chiamavano “u Rausanu i sutta” e “u Rausanu i supra”. Mio padre e mio zio continuarono l’attività e anzi l’ampliarono al commercio all’ingrosso, rifornivano ad esempio l’Ospedale Busacca, e durante la guerra di fatto sfamarono la città intera.

Quando ha iniziato a lavorare qui?
Da sempre. Da bambino davo una mano a sistemare la merce, la scuola era un diversivo, tutti sapevamo che sarei rimasto qui e infatti dopo il militare ho preso le redini del negozio anche se i miei genitori e i miei nonni hanno lavorato fino alla fine. Tutta Scicli ricorda ancora la bontà d’animo di Nonna Turidda: gli abitanti di Chiafura erano poverissimi e lei dava da mangiare a tutti, anche a quelli che non potevano permetterselo. Questo negozio è sempre stato dalla parte dei più deboli: i ricchi pretendevano e basta, i meno abbienti ci sono sempre stati riconoscenti perché la nonna non negava pasta e patate a nessuno. Una volta ha anche rischiato di essere denunciata perché quando la gente veniva coi buoni del Comune, lei, constatandone la povertà, regalava patate senza ritirare il buono e qualcuno la credette implicata in una sorta di truffa. Per tanti anni si è continuato a vendere a credito (mostrano una mazzetta con centinaia di “pizzini” di carta, ciascuno con la cifra in lire e il nome del compratore, nda) pur sapendo che molti non sarebbero più tornati a saldare. Negli anni ’50 abbiamo allargato il negozio, negli anni ’70 abbiamo subito la nascita dei supermercati ma abbiamo resistito, negli ’80 con altri commercianti ci siamo messi d’accordo per chiudere la domenica, avevamo bisogno di un giorno di riposo.

Scicli vi ha sempre premiato?
Questo è sempre stato un luogo di ritrovo, ci sono passati tutti, a comprare o a fare due chiacchiere. Nonna Turidda aveva avuto due figli maschi, tra cui mio padre, e sei figlie femmine, tutte bellissime: tanti ragazzi venivano qui a vedere “le sei bambole dei Massari”, così le chiamavano! Da qui sono passati tutti ma ci sono stati anche momenti bui, molta gente che ha comprato a credito non è mai più tornata a saldare e abbiamo anche subito vari furti, uno dei più strani negli anni ’60. Ogni venerdì vendevamo alla chiesa di San Giovanni un po’ d’olio che il parroco utilizzava per accendere la lampada votiva. Una volta arrivò, tutto trafelato, a lamentarsi dell’olio e in effetti, andando a controllare nel magazzino qui accanto, ci accorgemmo che c’era qualcosa di strano: erano entrati i ladri e avevano aggiunto acqua all’olio che, galleggiando, era stato facile rubare. La clientela è sempre venuta a comprare qui, anche quando non poteva permetterselo, oggi non c’è più la fame che c’era un tempo ma la gente è meno onesta. Inoltre, venivano tutte le classi sociali: quando il giovane Severino Santiapichi, poi giudice, era adolescente veniva a comprare qualche fetta di mortadella e d’accordo con nonna Turidda la pagava barattandola con dei quaderni!

Quali sono i prodotti che vendete di più?
All’inizio vendevamo solo generi alimentari, poi negli anni ’50, quando abbiamo allargato il negozio, abbiamo introdotto anche altri prodotti. Nel passato si vendeva tantissimo il baccalà, che oggi è considerato un prelibatezza ma prima era un alimento poverissimo: veniva dalla Svezia, si metteva a bagno e si vendeva soprattutto il venerdì perché la gente preferiva non mangiare carne. Altre cose che ancora vendiamo bene, nonostante i tempi siano cambiati, sono la soda caustica per fare il sapone in casa, il petrolio per i lumi, la “liscìa” per lavare i panni. Non si vendono invece più molti dolciumi: un tempo si compravano ai bambini, oggi si preferisce far loro una ricarica al telefonino!
Poi abbiamo anche delle cose specifiche per i vari periodi dell’anno, come per la Settimana Santa. A Scicli tanta gente segue le processioni dell’Addolorata, così tra qualche giorno metteremo fuori tante “torce”, ceri devozionali di diverse misure che la gente compra per unirsi alla processione.

Non è stanco di lavorare qui?
Dal 1975, quando sono morti i miei genitori, mia sorella Silvana due anni più giovane di me mi dà una mano in negozio. Sono sempre stato un appassionato di macchine e motori, ho avuto la prima moto della provincia di Ragusa, una splendida Honda, e poi mi è sempre piaciuto il calcio, sia da giocare che da seguire: sono stato vicepresidente dello Scicli, col farmacista Guccione ci abbiamo investito tanto. Ho sempre avuto queste passioni ma tra commercio e sport non ho avuto tempo di sposarmi, questo negozio è sempre stato la mia vita.

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