Scicli - Li conobbi una sera di fine agosto. Stesso stabilimento balneare, ombrellone e sdraio molto vicini ai miei. Li sentivo parlare tra loro e l’accento nordico di entrambi tradiva le loro origini e la loro provenienza settentrionale.
Una curiosità reciproca ci spingeva a spiarci. Io leggevo un libro che mi aveva preso tutta l’estate. Lui spesso sbandierava alla brezza marina un rumoroso Corriere. Lei, invece, ascoltava sempre musica da auricolari.
L’uomo, quando si alzava, esibiva un magnifico corpo d’atleta, barbetta brizzolata, panama, pelle chiara ma rossa per il troppo sole, occhi azzurri che erano diventati celesti sotto l’intensa luce mediterranea. Con mani curate, paffute, sfogliava pigramente il quotidiano.
Lei molto sbarazzina e molto abbronzata, aveva un viso simpatico, occhi coperti da vistosi occhiali da sole, i capelli erano raccolti in una treccia che faceva capolino dal grande cappello di paglia. Ostentava mani curatissime con unghie elegantemente laccate. Di statura media, guardava sempre il suo compagno dal basso in alto quando li vedevo passeggiare sul bagnasciuga.
Conoscersi senza neppure presentarsi fu inevitabile.
Ci vedevamo da una decina di giorni e silenziosamente si erano instaurati tra noi rapporti complici di buon vicinato.
Anche se io ero molto rispettoso della loro privacy e facevo di tutto per passare inosservato.
Un giorno per motivi familiari dovetti rinunciare alla spiaggia. Il giorno seguente la signora, vedendomi, mi accolse con un largo sorriso. Il signore mi scrutò con interesse, quasi con pena, aguzzando occhi da miope.
Io imbarazzato ricambiai il sorriso e gli sguardi. Feci per sistemarmi nel posto di sempre.
-Eravamo in pensiero. – Disse lei, rivolgendomi la parola. – È stato un vicino simpatico e, ieri che non c’era, abbiamo finalmente capito quanto ci fosse mancato. Abbiamo molto apprezzato la sua discrezione, merce rara in tempi nei quali la gente s’impiccia sempre in continuazione degli affari degli altri. Non pensi che a Milano sia poi così diverso. Anzi, abbiamo constatato che c’è più discrezione qui, in questo Sud estremo dell’Italia, che nel Nord più ricco e sofisticato della penisola.-
-Tutto il mondo è paese. – Risposi e lo feci per compiacere la signora.
Lei con un gesto molto elegante tolse gli occhiali e finalmente potei ammirare i suoi due fantastici occhi verdi.
-Milano è lontana da qui. – Dissi e aggiunsi sorridendo: -Ha tutto, quella città, ma non ha questo cielo e questo mare, non ha questa sabbia…-
-Domani partiremo. – M’informò lui e ci sarebbe davvero dispiaciuto non poterla salutare.
-Grazie. – Risposi. – Siete delle carissime persone. –
Si era levata intanto una leggera brezza dal mare che accompagnava il sole verso il tramonto. Mi alzai, rovistai nel mio zainetto, tirai fuori una maglietta, la indossai per proteggermi dal venticello fresco che già anticipava la sera.
-Sì, domani partiremo… - Confermò lei ma non finì la frase. Il suo sorriso si era congelato sulle labbra carnose asciutte di rossetto. – Proseguì dopo un po’. –Ritorneremo alla routine quotidiana, anche se tutto non sarà più come prima.-
-Una vacanza può solo alleviare le tensioni del giorno. Il desiderio del miracolo è un inganno necessario che aiuta a vivere più intensamente brevissimi momenti di libertà. – Sorrisi timidamente.
- In effetti, il miracolo noi lo abbiamo sperimentato.- Precisò la donna.
-Cioè? – Chiesi davvero incuriosito da quest’affermazione.
L’uomo richiuse il giornale e abbassò lo sguardo.
- Tutto successe in una sera di primavera, quest’anno. – Continuò lei con voce ferma e molto calma. –Ci siamo conosciuti in un famoso negozio di articoli musicali di Milano. Lui, bergamasco, manager di una nota multinazionale americana; io, insegnante di francese in un apprezzato liceo cittadino. Entrambi, che strano!, cercavamo lo stesso pezzo musicale: Youkali, un celebre tango di Kurt Weill. Io volevo farlo ascoltare ai miei alunni nella versione cantata in francese. Lui lo cercava perché un pianista lo aveva suonato, una sera, durante una crociera fatta in compagnia della moglie e ne era rimasto colpito. –
La signora fece una lunga pausa. Temeva che facessi la solita sciocca domanda sul loro stato. Ma io tacqui e lei, non sentendosi giudicata, riprese rinfrancata il racconto.
-Tutto, in effetti, era stato il frutto di una banalissima coincidenza ma ora, a distanza di mesi, penso, invece, che sia stato davvero l’inizio del miracolo. L’uomo si sdraiò sulla schiena guardando il cielo e chiuse gli occhi mentre lei continuava a raccontare.
-Ci chiedemmo l’un l’altra le ragioni che ci avevano spinto a cercare quel pezzo e, improvvisamente, uscendo dal negozio, cominciammo a raccontarci le nostre vite. Ero pervasa da una sensazione strana che mi faceva vibrare a un semplice contatto del suo corpo o della mano. Un’ubriacatura che annullò il mondo circostante e mi fece esistere solo per lui e per le sue parole. Lui, invece, era diventato logorroico, preso dall’affanno di rivelarmi tutto il suo passato per non essere più straniero ai miei occhi. C’innamorammo pazzamente. –
-Era inevitabile!- Sussurrò lui.
-Il tango, una celebre habanera, era stato composto da Kurt Weill nel 1934, l’anno nel quale Hitler aveva conquistato il potere, dopo la notte dei lunghi coltelli. Le parole, però, erano state aggiunte un anno dopo da Roger Fernay, e cantate solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, incarnando perfettamente il desiderio di libertà che invano il nazismo aveva cercato di sopprimere.
Questa canzone, poi, fu magistralmente interpretata da Teresa Stratas e, poi, da Ute Lemper e da altre. Il testo, infatti, racconta di un’isola che non c’è, immagina un luogo dell’utopia, condiviso dagli amanti, nel quale dimenticare le angosce del giorno. Youkali, in realtà, è la terra poetica del sogno che forse solo la musica sa far ritrovare. –
L’uomo ebbe un lungo sospiro. Lei tacque per momenti che mi sembrarono eterni.
- Non capisco perché disperarsi tanto. –Sussurrai quasi con un filo di voce.
- Ma come non capisce? – Supplicò l’uomo con voce querula. Continuò. – Youkali per noi è esistita. È qui, è questo posto, è questa baia, ultimo approdo pacifico delle nostre vite disfatte. Noi qui ci siamo dimenticati del nostro passato, siamo ritornati a vivere una vita nuova, diversa, straordinariamente fantastica. Una coppia di amici miei l’anno scorso era venuta in vacanza qui, mi consigliò questo luogo. Non è l’Africa, non è l’Italia, mi disse, è una terra strana che appena le carte geografiche indicano, il posto magico per eccellenza in cui l’amore e la libertà si fondono in un abbraccio come ai tempi di Odisseo e di Nausicaa. Avevamo trovato la nostra Youkali, finalmente!- La sua voce tradì una commozione profonda.
Il sole cominciava a scomparire dietro le case del borgo e la luna, per uno strano appuntamento d’amore, sorgeva dalle rovine della vecchia fornace all’altro corno della baia.
L’uomo allungò la mano cercando quella di lei tra la sabbia. La trovò e la strinse.
Io tacevo imbarazzato per quella confessione inaspettata e per la tenerezza di cui ero testimone.
- Domani lei ritornerà a casa da suo marito e dal bambino che da molti giorni la reclama. Ha deciso così stamattina dopo l’ennesima telefonata con la quale lui la supplicava di tornare. – Riprese l’uomo. - Io ritornerò a casa da mia moglie che neppure mi chiederà se sono stanco o rilassato dopo questa missione lunga di lavoro all’estero, la pietosa bugia con cui ho mascherato la nostra fuga d’amore. Non so se e come riuscirò a sopravvivere a tanto dolore. –
Lei tolse gli auricolari al suo smartphone e la voce di Teresa Stratas, struggente e appassionata più di una carezza, attaccò il pezzo galeotto che aveva prodotto il miracolo del loro amore. Poi con un gesto lento rimise gli occhiali scuri ma questa volta non per nascondermi gli occhi, solo semplicemente per celare le lacrime. Lui le si avvicinò, le accarezzò a lungo il viso baciandola sul collo per consolarla.
Il sole ormai era un minuscolo tizzone ardente sopra il tetto di tegole dell’ultima casa.
Raccogliemmo le nostre cose. Ci salutammo. Augurai loro il buon viaggio e buona fortuna. Li vidi scomparire abbracciati dietro un vicolo, diretti verso il cuore più antico del borgo.
Osservai la baia ora dominata solo dalla luna, enorme, rossa, alta già nel cielo.
“Youkali!” Esclamai stupito.
Youkali era là, davanti a me, lo era stata da sempre, ma per scoprirla avevo dovuto guardarla con gli occhi trasfigurati del loro amore.
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