Ragusa - Un documento inedito, conosciuto fino a ieri soltanto dalla Procura di Ragusa: una lettera anonima, battuta a macchina, indirizzata nel 2008 alla famiglia Spampinato e alla magistratura ragusana, in cui si fa il nome del presunto autore del delitto dell’ingegnere e antiquario Angelo Tumino, si indica la «gelosia» come movente e si descrive nei particolari la dinamica dell’omicidio avvenuto la sera del 25 febbraio del 1972 nel capoluogo ibleo. Un altro frammento da unire al complesso intreccio che lega, indissolubilmente, il delitto dell’antiquario a quello del giornalista ragusano Giovanni Spampinato, ucciso sette mesi dopo. La lettera è stata presentata al pubblico e analizzata in occasione di “SPAMPINATO 43”, l’incontro del 29 ottobre patrocinato dal Comune di Ragusa per il 43° anniversario dell’omicidio del giornalista. Una giornata di riflessione e studio in cui si è cercato di allargare l’obiettivo su un “caso” che a distanza di oltre quattro decenni continua a far discutere e suscitare polemiche. Nella sala gremita del cinema Ideal a Ragusa, il confronto tra relatori e cittadinanza ha riaperto le porte del tempo: attraverso l’indagine storiografica e l’analisi degli atti giudiziari si è tracciato lo scenario in cui è maturato il delitto di Spampinato e, pochi mesi prima, l’omicidio Tumino sul quale il corrispondente de «L’Ora» stava indagando.
Alla presenza di Salvatore Spampinato, fratello di Giovanni, introdotti dalle note di Stefano Meli e da un ricordo di Giovanni Meli -‐ amico fraterno del cronista ucciso -‐ i giornalisti Carlo Ruta e Luciano Mirone, insieme a Vincenzo Cascone -‐ autore del docufilm “L’Ora di Spampinato”-‐ hanno rispolverato i tasselli di una vicenda che ancora oggi resta coperta da silenzi e mezze verità, da tentativi di insabbiamento e depistaggio. Le domande sono le stesse di 40 anni fa: chi ha ucciso Tumino? Perché
nell’istruttoria sul delitto dell’antiquario non si è fatta piena luce sul ruolo di Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del Tribunale di Ragusa e reo confesso dell’omicidio Spampinato? Perché Campria ha ucciso il giornalista? C’è un legame tra l’omicidio di Spampinato e le inchieste firmate dal cronista sull’eversione neofascista in Sicilia e sul traffico illegale di oggetti di antiquariato?
Se molti dubbi restano, altri sono stati superati da fatti e documenti, pazientemente ricostruiti da chi conosceva bene Spampinato e da giornalisti come Ruta e Mirone, che a lungo si sono occupati del “caso”. Ed è oggi possibile dare delle risposte, allontanando, una volta per tutte, il campo delle indagini da mistificazioni, come quelle che avallano la tesi di Spampinato «ucciso perché perseguitava Campria», o di Tumino «assassinato per gelosia». Il giornalista, nel rigoroso e coraggioso esercizio della sua professione, aveva toccato fili pericolosi, e nel farlo aveva messo a nudo le incongruenze del dossier Tumino e le inadempienze della magistratura nella gestione dell’istruttoria coordinata dal sostituto procuratore Agostino Fera, a cominciare dal ruolo di Roberto Campria, non imputato nell’inchiesta nonostante le testimonianze dell’epoca lo indicavano come uno dei maggiori indiziati per l’omicidio dell’amico antiquario.
Inadempienze che oggi risultano «chiare ed evidenti» anche all’attuale procuratore di Ragusa Carmelo Petralia, intervenuto durante l’incontro in un fuori programma. «Campria – afferma il procuratore – era la prima persona da sospettare, da interrogare in maniera pressante. Messo sotto torchio avrebbe potuto, se non confessare le proprie responsabilità nel delitto Tumino, quantomeno fornire degli elementi importanti. Tutto ciò non è accaduto». Il confronto con Petralia è stato utile anche per esaminare, insieme a Mirone e Ruta, la lettera anonima datata 2008, «una missiva in cui la scena del delitto è descritta con tanta ricchezza di particolari da non escludere – sostiene il procuratore – che il mittente possa aver preso parte direttamente all’omicidio dell’antiquario. Di sicuro, chi l’ha scritta aveva intenzione di confondere e intorbidire le acque, anche se a distanza di tempo dai fatti». Un altro tentativo di depistaggio, dunque, svelato, strappato alla coltre di dubbi e misteri irrisolti che ancora, in parte, copre quanto accaduto nel ‘72. Tra questi, il movente del delitto Spampinato: «Campria ha agito da solo – si chiede Petralia – o la sua mano è stata “armata” da qualcun altro? Difficile rispondere adesso, sarebbe stato certo più efficace provarci all’epoca».
di Redazione
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