Chi vuole vedere la Sicilia vera, quella senza venditori di carretti siciliani affollati ai bordi dei templi di Agrigento o del belvedere di Taormina, dovrebbe spingersi nella zona più a sud del triangolo, quella che quasi tocca l’Africa. E avere il coraggio di andare là dove la magnificenza del vulcano, la celebrità della casba palermitana e l’assaltata bellezza delle Isole Eolie lasciano il posto al frinire delle cicale, a deserti solcati da alberi di carrube e muri a secco, a spiagge chilometriche cintate da dune. Il sud est siciliano, a cavallo tra la provincia di Ragusa e quella di Siracusa, è l’angolo più estremo dell’isola, il vero cuore del mediterraneo. Si chiama Val di Noto e prende il nome dalla città tardobarocca per eccellenza, Noto. Ma nasconde perle meno conosciute e più affascinanti: Ragusa Ibla, Scicli e Modica. Tutte ricostruite dopo il terremoto del 1693 con uno stile singolare: il rococò intagliato nella pietra locale, bianca e friabile. Capita così di trovare allo sguardo scenografiche cattedrali di magnifica fattura, veri e propri ricami di pietra, vanterie di colonne e capitelli tra misere casupole d’intonaco ingiallito, scale consumate da quattro secoli di sole a picco, scorci di vicoli che obbligano al silenzio, alla contemplazione. Più spesso, se l’odore del gelsomino arabo si mescola a quello di bucato e pomodoro stesi ad asciugare, allo struggimento.
Questa è la Sicilia di Giuseppe Tornatore e la sua Malena, per chi parla il linguaggio del cinema. Del commissario Montalbano per chi intende quello della televisione. Di Vinicio Capossela per chi ama la musica. Di Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo e Gesualdo Bufalino per chi s’intende di letteratura.
Attorno, “le solite” tracce storiche e archeologiche lasciate da siculi, arabi, normanni e spagnoli, una campagna disegnata da rocce e terrazzamenti e angoli di natura ancora incontaminata. Sarà per questo che l’intera zona è entrata di recente nella lista dei beni dell’umanità tutelati dall’ Unesco.
Ragusa Ibla
A Ragusa Ibla meritano una visita il portale gotico-catalano di San Giorgio vecchio, la Chiesa di San Giorgio, la chiesa di San Giuseppe e i giardini comunali. Ma, soprattutto, i vicoli e le stradine chiuse al traffico che offrono splendidi scorci della valle sottostante e la vista di cortili nascosti e suggestivi.
Modica
A Modica, antica sede di contea e ora conosciuta per il suo cioccolato di tradizione spagnola e derivazione azteca, il tour classico parte dal corso Umberto, copertura del torrente che attraversava la città, per visitare poi la chiesa di Santa Maria di Betlem, la chiesa di San Pietro con le statue dei dodici apostoli sulla scalinata, la Chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore, un gioiello in grotta del XII secolo e i due simboli della città, la Chiesa di San Giorgio, cerniera tra la parte bassa e quella alta con i suoi 250 gradini, e la torre del castello, ultima parte dell’antica cinta muraria.
Scicli
A Scicli, l’itinerario è breve ma più suggestivo, tutto concentrato tra la Via Francesco Mormino Penna, il salotto della città, e uno dei più bei palazzi settecentesci siciliani, Palazzo Beneventano. Chi ha tempo, la visiti nel periodo di Pasqua, quando si svolge una delle feste religiose più affascinanti: Scicli. È la processione del Cristo risorto per i vicoli della città, trasportato a spalle dalla folla senza percorsi né direzioni fino a notte fonda. Ed è anche l’essenza di questa parte di Sicilia: fuori dal tempo e dallo spazio.
La cucina
Ragusa eccelle per il caciocavallo, il formaggio dall’orgoglio Dop, così chiamato perché steso ad asciugare a cavallo di una corda tesa. Scicli vanta una serricoltura intensa che produce i celebri pomodorini ciliegia e le mini zucchine. Modica è ormai riconosciuta come una delle capitali italiane del cioccolato: vi si produce un impasto artigianale, lavorato a freddo e senza latte, che ha derivazioni azteche e tradizione spagnola. Tutta la zona eccelle comuque per i dolci. Le cassate di ricotta, semplici o miste a cioccolato e cannella, i “mustazzola”, biscotti duri preparati con il miele e le mandorle, “a ghugghulena” o cobaita, il torrone di semi di sesamo, “i mpanatigghi”, piccoli calzoni ripieni di un preparato a base di carne e cioccolato. Per quanto riguarda i piatti salati, val la pena segnalare “i scacci” e “i pastizzi”, involtini di pasta di pane ripieni di pomodoro, formaggio, broccoli o carne.
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