Un lavoro silenzioso e invisibile quello dell’ape operaia. Come quello di chi monta un film. Solo un nome tra i titoli di coda, ma, in realtà, il vero autore del linguaggio dell’opera cinematografica. Il montatore ha il compito di scegliere vari fotogrammi della stessa inquadratura per trovare il punto in cui lo stacco risulta efficace. Riordina la successione delle sequenze, ne interpreta e valorizza i particolari. Separa il miele dalla cera, come canta Fabrizio De Andrè. Come Alessia Scarso, classe 1979, modicana, che ha montato anche per la regista Francesca Archibugi, autrice de "Il grande cocomero". Del montaggio Alessia parla così: "Rappresenta per me la libertà di gestire il tempo e lo spazio per suscitare un’emozione. E’ una fabbrica di emozioni senza limiti". Laureata al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Alessia vive tra Modica e la Capitale. L’amore per l’arte del montaggio nasce presto: "La prima volta che sono entrata in una sala cinematografica e ho scoperto che i film erano qualcosa di più della tv, ho pensato che volevo imparare la misteriosa arte di far piangere gli spettatori". Ha firmato il montaggio del backstage "Sulla riva del lago", in cui recita Paolo Briguglia, giovane promessa del cinema italiano. Ha partecipato a "Un giorno a Roma", presente nel 2002 nella sezione "cinema utile" del Festival di Bellaria. Alessia ha montato uno dei sei episodi del documentario sulle nuove povertà nella città eterna, raccontando le condizioni di vita dei rom e dei barboni che vivono sotto i ponti, aiutati quotidianamente dalla Caritas. All’esame universitario sulla documentaristica però presentò un foglio quasi bianco: "Il documentario non esiste", scrisse laconicamente. Già, perché collocare la cinepresa, scegliere un angolo visuale rappresenta anche una scelta di campo. Ogni racconto è parziale, schierato come è schierata la telecamera, in una direzione anziché in un’altra. Prese 30 e lode.
Affermava Pudovkin: "Il montaggio è il vero linguaggio del regista; l’atto creativo cruciale nella produzione di un film; per giudicare la personalità di un regista cinematografico non si deve far altro che osservare il montaggio...". E forse non è un caso che Francesca Archibugi, che ha diretto Mastroianni in "Verso sera", una delle registe preferite da Jodie Foster, abbia affidato ad Alessia il montaggio di "Gabbiani", un laboratorio del Centro Sperimentale, ispirato a "Il Gabbiano" di Cechov, e realizzato con gli allievi dei corsi di recitazione, regia, sceneggiatura, fotografia, costume, scenografia, suono e montaggio. Il film, girato in parte in digitale, in parte in pellicola 35 millimetri, è arricchito dalla lettura di Fabrizio Bentivoglio, dalle lezioni tenute da Furio Scarpelli, Paolo Virzì, Umberto Contarello, dagli interventi di Piero Tosi, Margherita Buy e Marco Bellocchio. Per Alessia il montaggio è un lavoro e una passione. E’ quasi una filosofia di vita, è come se vedesse il mondo e gli eventi come fotogrammi da giustapporre. E se la vita è un film, "la morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita", diceva Pierpaolo Pasolini. "Il montaggio opera sul materiale del film quello che la morte opera sulla vita". Morte e montaggio, quindi, sono accomunati da una doppia spinta che "sceglie i momenti veramente significativi (della vita, del film) e li mette in successione e, di conseguenza, produce senso: quello compiuto, definitivo". Nella improbabile quanto affascinante analogia è contenuto un elemento fondamentale per comprendere il cinema. "Far sentire" il "cut", connotare espressivamente la giunta, l’attacco di montaggio, mostrare il Montaggio, insomma, significa mostrare la Morte, ma soprattutto svelare il senso della vita. La vita è "un caos dove tutto può ancora succedere" la morte, azzerando il divenire, chiarisce ogni azione alla luce di un "mai più modificabile", un "fulmineo montaggio". Alessia prosegue il proprio lavoro, nell’eterna sospensione tra Modica e Roma.
Lo fa con umiltà e passione. Con maestria e grandi esempi. Con un occhio alla pellicola e uno alla vita, taglia e cuce, incolla e lima. Mastica e sputa. Silenziosa e preziosa come un’ape operaia.
«Mastica e sputa, da una parte il miele, mastica e sputa, dall’altra la cera».
Giuseppe Savà
