Giarre - Un'esibizione ballettistica di finta acquagym in una piscina fantasma, in un complesso sportivo iniziato nel 1982 e mai finito: ecco una delle performance artistiche che si sono viste al primo Festival dell'incompiuto siciliano.
E' una delle 160 opere pubbliche incompiute nella sola Sicilia, sulle 380 rimaste così in altre parti d'Italia. Ma a Giarre (vicino a Catania) c'è un concentrato di questa vergogna: oltre a questa piscina olimpionica provinciale, una ludoteca e uno stadio di atletica e campo da polo (che ora funge da discarica per i cassonetti), più un teatro, un parcheggio multipiano (ora terminato), la casa per anziani Madre Teresa, il mercato dei fiori e la pista delle macchinine: edifici abortiti che ora compongono il «parco archeologico dell'incompiuto siciliano».
OPERE INCOMPIUTE - Sono paesaggi metafisici e anche meta-politici, opere servite a riscuotere fondi europei, e a tanti altri scopi, tangenti comprese. Strutture edilizie ormai da buttar via, con il cemento che ti si sgretola sotto le dita. Strutture che se fossero in città come Milano o Roma sarebbero luoghi della marginalità, rifugi per extracomunitari, mentre qui, in questa Sicilia, sono solo luoghi abbandonati a se stessi, dove la vegetazione la fa da padrona, e dove adolescenti vanno a fumare di nascosto, a drogarsi o a far l'amore, e sembra che non ci sia differenza.
IL FESTIVAL - In tre giorni di festival (sostenuto dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, dalle gallerie Dispari & dispari di Reggio Emilia, da Prometeogallery, da Susa culture, dall'associazione nazionale costruttori edili e anche dalla proloco di Giarre) gli artisti hanno cercato di sensibilizzare la cittadinanza attraverso azioni artistiche, dibattiti, concerti. E l'ultimo atto, con il taglio simbolico di una colonna (pesante una tonnellata) della ludoteca e che finirà dritta dritta a Venezia alla XII Biennale architettura di quest'anno, a guisa di memoria di un'Italia che non ci piace, proprio nel Padiglione Italia diretto da Luca Molinari, che ha subito accolto la proposta. E dopo l'urlo di gioia per la colonna crollata, tanta musica con un ipnotico marranzano ostinato del gruppo "I percussonici", appollaiati a suonare sul rudere tra luci psichedeliche da rave party.
IL BANDO- Incompiuto siciliano è un progetto del collettivo "Alterazioni video", in collaborazione con Claudia d'Aita (assessore al turismo di Riposto, comune vicino a Giarre) e l'artista Enrico Sgarbi che parla di rovine del contemporaneo e di buchi neri del territorio. «E così l'arte può dare una svolta a questi edifici abbandonati. Tant'è che è appena uscito un bando della regione Sicilia che mette a disposizione 18 milioni di euro per la riconversione artistica di questi luoghi», dice Sgarbi che con Alterazioni video e il comune di Giarre vi parteciperà. Ma già si possono immaginare i competitor che si scateneranno per vincerlo quel bando, dalle Orestiadi di Gibellina a Fiumara d'arte di Antonio Presti.
OPERE DA EDIFICI ABBANDONATI - Si ha una prima percezione del potenziale creativo di questi luoghi visitando ora il Centro polifunzionale di Giarre, ribattezzato cratere vegetale. Lì sono cresciute spontaneamente piante pioniere come rovi, un fico, l'oppuntia cactus messicano. Con l'intervento del collettivo di paesaggisti francesi Coloco e la donazione di cento piante voluta dall'azienda Faro (con i suoi 500 ettari il più grande vivaio di europa, con sede in Giarre e che ha sostenuto anche la produzione di questo evento), i gradini dell'arena in rovina sono stati trasformati in una sorta di terrazzamenti con piante grasse che dovrebbero radicarsi dando così vita a un giardino, del quale si potrà fare in futuro anche una mappatura botanica. Spettacolare è stata la performance davanti a un folto pubblico (che ha firmato una liberatoria per eventuali rischi dato il degrado del posto) in cui da una catapulta sono stati “sparati” sulle pareti di cemento, decine e decine di meloni ripieni di purea di patate (300 chili) e semi, così che da questa poltiglia possano germogliare piante. In tutto ciò c'è anche chi, come l'architetto paesaggista Pablo Georgieff di Coloco, ha gridato: “viva l'incompiutismo”.