Catania - Ma lei, Cavaliere, non va mai in vacanza? «Non fatemi ridere: io sono in vacanza tutti i giorni. Il lavoro lo interpreto in questo modo. Nessuno stress, nessun peso che mi possa far rimpiangere viaggi esotici o il dolce far niente». Alla fine di una giornata trascorsa fianco a fianco, nel suo quartier generale, a Piano Tavola, Sebastiano Pappalardo, proprietario della Sp Energia Siciliana, rispose così. Con un rimprovero, quasi.
La domanda aveva lo scopo di alleviare la sua fatica e, nel contempo, il disturbo che arrecammo marcandolo a uomo per ore e ore per raccontare la sua giornata tipo: sveglia alle 7, pausa di due ore a pranzo, poi unica tirata fino a tarda sera. Ieri il cuore dell'energico siciliano, così lo aveva ribattezzato Pippo Baudo, non ha retto di fronte all'avanzare di una lunga malattia. Originario di Trecastagni, Pappalardo dimostrava molto meno degli 86 anni dichiarati all'anagrafe. È proprio vero: il lavoro lo rendeva giovane.
Lo slogan della sua azienda era proprio lui, l'energico imprenditore con lo sguardo magnetico e i baffetti da sparviero. Aveva la saggezza dei grandi uomini, il coraggio dei gladiatori. Ci raccontava, Pappalardo, che quando fiutava un affare, metteva il telefono fuori posto. Chiamava l'autista o i nipoti e chiedeva uno strappo: «Accompagnatemi a Giarre, forse c'è un impianto di distribuzione del carburante che possiamo acquistare». Arrivava a destinazione umile ma determinato. Conduceva le trattative di persona. No, il telefono non serviva. «Meglio guardarsi negli occhi, capire con chi si ha a che fare». Un vulcano di idee, il cavaliere, una vocazione per gli affari manifestatasi lontano da casa: «Ero un operaio specializzato per il funzionamento dei forni nei quali si asciugava la pasta. La Barilla mi assunse. Si lavorava duramente, io sfruttavo la pausa pranzo per studiare i meccanismi degli altri reparti. Davo uno sguardo alle enormi macchine. In una di queste sentii uno strano rumore. L'impianto si stava guastando, lo feci notare alla responsabile del settore che rispose stizzita. Insistevo, dietro di me c'era il figlio del proprietario: «Il ragazzo ha ragione - sentenziò - fermi la produzione e controlli la macchina». Promosso sul campo per l'intuizione geniale, Pappalardo non si accontentò. «Tornai a casa. A Pedara cominciai a vendere Lambrette poi le moto Ducati, quindi le auto. Chi poteva permettersele non sfuggiva al mio senso degli affari. Riuscivo a piazzare i miei prodotti meglio di chiunque altro». Il progetto della sua vita professionale era ben altro: «Le auto erano poche, ma la mia idea era chiara: quel mercato era in netta espansione. Serviva il carburante per far circolare i mezzi a quattro ruote, no?» Così, Pappalardo realizzò il primo impianto a Pedara, dietro l'angolo di casa, un secondo ad Acireale, un terzo a Motta. Oggi, la Sp Energia Siciliana ne conta quasi quattrocento in tutta Italia ed è diventata un simbolo di produttività made in Sicily. E quando, negli anni scorsi, si presentavano le multinazionali per assorbire la piccola, grande azienda, Pappalardo riceveva seraficamente chiunque. La risposta era sempre la stessa: «Non vendo, continuo da solo». Legatissimo alla sua consorte, l'unico svago che il cavaliere si concedeva era la partita casalinga del Catania, che sponsorizza da oltre tre lustri al pari di club di altre discipline: «Il calcio mi regala belle sensazioni - ripeteva quando ci si incontrava in tribuna d'onore - Leggo il nome della mia azienda sulle maglie della squadra e gli occhi diventano lucidi...» S'emozionava, Pappalardo, quando il Catania vinceva. Il giorno del ritorno in Serie A i calciatori, impertinenti, lo inondarono di spumante. Accettò il gavettone: «È un giorno unico. Un giorno di festa». Per il cavaliere la festa si celebrava ogni giorno, alle 7 in punto, dopo un tg consumato di gran fretta, come la colazione. Quando, un Ferragosto di sette anni fa, lo trovammo dietro la sua scrivania di legno massiccio, con libri e registri ben ordinati, dietro le sue spalle, ci diede un'altra lezione di vita: «Devo tenere in moto la mia azienda. Altrimenti, quando torneranno al lavoro, i miei dipendenti cosa troveranno?»