Parigi - Il commissario Salvo Montalbano odia il brutto tempo. Quel giorno “il cielo era interamente coperto da nuvole minacciose di pioggia”, proprio come è scritto a pagina 12 del “Ladro di merendine” (tascabile, 2004) , quarto romanzo di Andrea Camilleri dedicato al poliziotto più famoso d’Italia. Eravamo venuti qui per raccontare una success story soleggiata, il matrimonio perfetto tra un libro giallo, la sua serie televisiva ed il turismo culturale, ma eccoci catapultati nelle strade di Scicli con un ombrello in mano tra le colline dei Monti Iblei dove Montalbano guida la sua vecchia Fiat Tipo nera – della quale non riesce mai ad avere il pieno di benzina – appannati dai tergicristalli.
Andrea Camilleri, 89 anni compiuti il 6 di settembre, è in età avanzata quando inizia a scrivere le avventure del suo commissario. Regista teatrale (fu il primo a rappresentare Beckett in Italia) e televisivo (in parte gli si deve l’adattamento italiano di “Maigret”), è l’unico figlio di una coppia borghese siciliana ed esita un po’ nel lanciarsi nella scrittura romanzesca. Nonostante questa sua titubanza, ha vinto un premio di poesia con l’incoraggiamento di Leonardo Sciascia, battendo Pier Paolo Pasolini in finale. Nel 1980 “Un filo di fumo”, gli permette di far emergere dal suo immaginario e dai suoi ricordi la città che, in seguito, diverrà l’ambientazione principale di tutti i suoi romanzi, Vigàta, che altro non è che un insieme tra Porto Empedocle, la sua città natale, e Agrigento.
Ci vorranno altri quattordici anni prima che nasca, durante le molte ore passate al capezzale del padre morente, al quale raccontava delle storie, il profilo del suo commissario, così chiamato in onore dello scrittore di gialli spagnolo Manuel Vasquez Montalban. Camilleri ha quasi 70 anni. Uscito nel 1994, “La forma dell’acqua” è il suo primo successo. Da allora, 15 milioni di lettori seguono le avventure del poliziotto più televisivo della Penisola.
“IL SAPORE DELLA LINGUA”
“Montalbano sono. Che fù?”. Questa frase è il suo segno di riconoscimento. Il siciliano è un dialetto incredibilmente letterario dove grazie alla sua tipica inversione del verbo e del soggetto e l’utilizzo del passato remoto– rompicapo per i suoi traduttori – delinea tutto un mondo . Andiamo in ordine: Vigàta quindi, è il luogo dove questo poliziotto brontolone e misantropo a modo suo, ritrova quotidianamente i suoi assistenti: il seduttore Mimì Augello, il metodico Carmine Fazio, il tutto fare disordinato e ossequioso Agatino Catarella ; poi c’è il lungomare Marinella dove vede saltuariamente la sua fidanzata Livia; ed infine i ristoranti dove i personaggi divorano triglie grigliate (un kilo non lo vedono proprio) , arancini, pasta alla norma con ricotta e melanzane.
A Vigàta il lavoro non scarseggia. In 34 volumi, Salvo Montalbano ha risolto casi di omicidio, rapimento, traffico, corruzione politica, racket e altri crimini. Forse solo una routine per la Sicilia affetta dal crimine organizzato? Si, ma con la differenza che a Camilleri sono sufficienti 250 pagine scritte in neanche un mese, per chiudere un caso, contrariamente alla lentezza della giustizia italiana. “È una visione ideale e molto folkloristica della Sicilia, ammette Attilio Bolzoni, specialista dell’isola e delle sue abitudini criminali sul quotidiano La Repubblica. Ma questo poliziotto è così simpatico e accanito che non si può non amarlo”. Il traduttore francese della maggior parte dei volumi, Serge Quadruppani, aggiunge in ogni sua prefazione un altro grande ingrediente a questo successo : “ Nel momento stesso in cui la televisione minacciava di realizzare quello che la scuola non aveva potuto ottenere, che tutti gli italiani parlassero la stessa lingua, Camilleri restituisce il sapore della lingua dei loro padri, l’italo-siciliano dei dintorni di Agrigento (…): la generosità terrosa e raffinata di un popolo molto antico”.
Ma tutto ciò non spiega come ci siamo trovati, una domenica d’ottobre, nelle strade deserte di Scicli, che vanta essere “la quarta città più soleggiata d’Italia” con un ombrello in mano. Ci vuole un po’ di pazienza … Uno scrittore prolifico, delle trame trascritte da storie reali, ambientazioni prese dal vivo, dialoghi ben scritti che fanno proseguire la storia da sola, proprio come un treno elettrico: la televisione italiana non ci ha messo molto a capire il profitto che poteva avere da tale fonte di successo. Però ci voleva un produttore che gli desse fiducia: “Alla fine degli anni 1990, si ricorda Carlo Degli Esposti, direttore della società Palomar, produttore della serie, sono andato a far visita ad una amica editrice in Sicilia. È stata lei a farmi leggere i romanzi di Camilleri, immediatamente ho chiamato la Rai per comunicarle l’enorme potenziale di questi libri. Passano mesi, nessuna risposta, così mi recai direttamente alla porta di un dirigente per convincerlo; un quarto d’ora dopo firmavamo il contratto.”
È il secondo miracolo del commissario Montalbano. Avendo fatto la fortuna del suo autore, farà dalla proiezione del primo telefilm nel 1999, anche quella della emittente. A ogni primavera, attori, macchinisti, realizzatori ritrovano le loro abitudini sul lato sud-est della Sicilia per registrare quattro nuovi episodi delle serie. Sempre gli stessi: il realizzatore Alberto Sironi vecchio assistente di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano e Luca Zingaretti, che veste il ruolo del commissario. Si dice che è l’attore più pagato d’Italia (400 000 euro a episodio), egli è anche uno degli attori più discreti e sembra aver fatto suo lo stile di vita del suo personaggio: modestia ed efficienza. Egli ha, come il suo personaggio fittizio, un aspetto taciturno e lo sguardo dolce. C’è un'unica differenza: Zingaretti è calvo come un uovo a differenza della lontana e schiva Livia che non disdegna mai di passare la mano sulla testa liscia del commissario. Neanche i suoi compagni Mimì, Carmine e Agatino sono diversi dai personaggi fittizi. I telespettatori vedono invecchiare questo piccolo mondo di anno in anno. Una ruga in più da questa parte, una vena d’amarezza dall’altra, tutto questo crea dei legami.
Ad ogni nuova stagione, (c’è ne sono state nove, la decima è in corso di preparazione è sarà trasmessa nel 2015) raggruppa più di 10 milioni di telespettatori. In estate, le repliche dei vecchi episodi battono senza nessun problema le altre emissioni; ma più delle repliche o dello svolgimento di un inchiesta, sono i paesaggi che attirano lo sguardo del telespettatore. Secondo un’ indagine dettagliata degli ascolti, sembra che gli spettatori siano più numerosi e attenti alle scene girate esternamente e secondo Zingaretti, “la Sicilia è l’altra protagonista”, spiega Alberto Sironi. La Sicilia di Camilleri? Non proprio. “Nel corso delle prime indagini, prosegue Sironi, ci siamo recati nell’agrigentino e a Porto Empedocle, pensando di ritrovare i paesaggi che avevano ispirato l’autore, ma il tutto era alterato dalle recenti costruzioni. Sfortunatamente la Sicilia di Camilleri non esiste più, ed è per questo che abbiamo deciso di girare le scene nei paesaggi più immutati come quelli nei dintorni di Scicli, Modica e Ragusa Ibla”.
PELLEGRINAGGIO
In larga parte rasa al suolo dal terribile terremoto del 1693 e ricostruita secondo i canoni architettonici del XVIII secolo spagnolo, la provincia di Ragusa è in sé un decoro cinematografico. Chiese barocche e stradine custodite da palazzi con balconi ornati da ringhiere in ferro forgiato sono diventati i protagonisti di questa serie tv made in Sicily. “Abbiamo scelto appositamente di girare le scene in luoghi quasi completamente vuoti affinché si possano valorizzare le bellezze del territorio”. La “Vigàta” televisiva ha preso contatto con la realtà ricreando un luogo immaginario e prendendo elementi un po’ qua e un po’ là. Questo muro di pietra a secco vicino al quale si scopre un cadavere, la chiesa di San Giorgio di Ragusa Ibla che si erge davanti a una stradina e il castello neogotico di Donnafugata dove il commissario a volte incontra un mafioso per discutere su delle strane trattative, sono in realtà luoghi distanti parecchi chilometri. Tecniche del montaggio e luce uniforme hanno reso possibile questo puzzle. Ed è proprio qui che c’è il terzo miracolo di Montalbano: adesso si capisce meglio cosa facciamo a Scicli sotto un ombrello. Il successo dei libri di Camilleri favorisce anche quello della serie televisiva e con essa il commissario Montalbano risulta essere “Il salvatore della Sicilia”. Mentre i flussi turistici diminuiscono in tutta l’isola, aumentano nella provincia di Ragusa. Dieci anni fa si contavano solo un centinaio di hotel di charme e di camere per gli ospiti, oggi, ne sono presenti circa tremila. Oramai sugli schermi di una sessantina di paesi, tra cui la Francia, la serie attira centinaia di migliaia di turisti in pellegrinaggio. Ryan Air, in seguito ai nuovi flussi turistici ha aperto una decina di linee da Londra o da Berlino su Comiso.
“Ogni settimana ricevo circa 80 richieste” spiega Francesca Giannone, proprietaria di GFG Travel. E non è la sola: tutte le agenzie di viaggio propongono un tour dei luoghi di Montalbano. “Anche se la città è inscritta al Patrimonio Mondiale dell’Unesco, il 75% dei turisti viene prima di tutto per visitare i luoghi di Montalbano”: queste le parole di Giampaolo Schillaci, assessore allo sport e al turismo del Comune di Scicli. Questa estate però l’idillio tra Montalbano e la provincia di Ragusa è durato molto poco. La società Palomar, infatti, ha minacciato di abbandonare la Sicilia per la Puglia. Il motivo? La regione non ha mantenuto la promessa di concedere qualche privilegio fiscale alla produzione. Se avessero spostato la Fontana di Trevi a Napoli, forse la polemica non avrebbe fatto lo stesso scalpore, ma fortunatamente tutto è stato risolto.
“ Montalbano appartiene a questo angolo di Sicilia e noi ne siamo tutti prigionieri”, dice sorridendo Alberto Sironi. La Sicilia a mo’ di puzzle ricostruita e autentica allo stesso tempo.
Davanti alla casa del Commissario Montalbano a Punta Secca, i turisti si divertono a scattare delle selfie.
E Montalbano? Vorrebbe forse fare una nuotatina per scacciare le sue preoccupazioni? Possibile nella fiction, impossibile nella realtà.
Se la cinepresa riprendesse un po’ più indietro e ampliasse l’inquadratura, i telespettatori si accorgerebbero del cartello “divieto di balneazione”. E poi, a ogni modo, sta piovendo…
Articolo a firma di Philippe Ridet
Foto Gianni Cipriano- Le Monde
Traduzione di Guglielmo Pisana
Nathalie Tolino