Ragusa - Siccome tutti parlano di turismo in questa che dovrebbe e vorrebbe (?) essere terra d’elezione turistica, perché non dovrei farlo anch’io? Del resto, accompagnando sovente in giro per gli Iblei amici e amici di amici, posso anche dare il mio pur minimo contributo (certo non paragonabile a chi mi ha pubblicamente rimproverato per il mio articolo, apparso su queste stesse colonne, dove usavo il termine “marchetta”. E se sapeste cosa mi è stato detto in privato).
E poi ho una storia simpatica da riferire. Simpatica e sommamente istruttiva per tentare di capire cosa sia, effettivamente, l’industria turistica. E si capisce bene che si tratta di qualcosa di molto diverso dall’industria, poniamo, metallurgica, o informatica, o enologica. Nel turismo s’incrociano e convivono, creando reti che a loro volta creano ricchezza, tante, tantissime variabili: se io – facciamo finta (è una finzione oserei dire borgesiana!!!!) – fossi la migliore guida turistica della provincia, mi accordo col migliore imprenditore di trasporti per mettermi a disposizione un mezzo comodo ed elegante, e trasporto dieci turisti inglesi dall’aeroporto di Comiso al migliore albergo della zona, per poi mostrare loro le bellezze tipiche della nostra terra, per concludere la serata in un ottimo ristorante con ottime portate e il migliore cerasuolo, e poi un caffè espresso fatto con la macchinetta e le cialde, ebbene, quei dieci inglesi (vale per francesi, russi, scandinavi, meno per i giapponesi, geneticamente educati e garbati) al loro ritorno a casa ricorderanno solo il caffè “industriale”.
Ma la vicenda occorsa a un mio amico che è bravissima guida turistica (di quelle serie, che si fa pagare il giusto per un servizio impeccabile) è invero molto singolare. La racconto a beneficio dei lettori di RagusaNews.
Accade che arrivi a Comiso un gruppo di una ventina di turisti provenienti da Milano e zone limitrofe. L’età media (dato questo molto importante) è intorno ai settanta anni. Il mio amico li attende fuori l’aerostazione da dove inizia subito un giro che li porterà al Castello di Donnafugata, poi a pranzo, l’intero pomeriggio a Ibla. L’indomani era prevista, su espressa richiesta della comitiva ambrosiana, la visita alla casa di Montalbano. Consumata anche la visita al faro di Punta Secca, la tappa successiva prevedeva Kamarina, col suo museo e l’agorà. E invece, colpo di scena, la maggioranza dei turisti della capitale morale (chiedo scusa per l’umorismo di bassissima lega e chiedo scusa anche per l’involontario quanto orrido gioco di parole) si “ribella” e chiede al mio amico di cambiare il programma perché vuole andare a Marina di Ragusa a vedere “La Notte”. Proprio così, avete letto bene. I milanesi in viaggio turistico a Marina di Ragusa desideravano vedere il celeberrimo locale notturno costruito nel 1968 da Salvatore Adamo, che nel 1965 (cinquanta anni, anniversario da ricordare) era diventato famoso in tutto il mondo con la celeberrima canzona “La Notte”.
Peccato che quel locale, famoso in tutto il mondo come il suo costruttore, vera perla della ristorazione/ricettività siciliana, è stato demolito ora sono forse trenta anni. Al mio amico – che da professionista non si è mai perso d’animo – non è rimasto altro da fare che mostrare la palazzina di tre piani costruita al posto del night e poi, vero colpo di genio, ha portato la comitiva a mezzo chilometro, dove ha mostrato la villa che Adamo aveva costruito contemporaneamente al locale, e nello stesso stile. Speriamo che i milanesi tornando tra i navigli ricordino la villa e non la palazzina. Dettagli, si dirà, ma molto importanti.
di Saro Distefano
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