Scicli - Non chiedetegli di cambiare canale, anche quando finisce di lavorare, smettendo i panni del Giovane Montalbano, e indossando quelli del viaggiatore.
Michele Riondino, tarantino figlio di metalmeccanico, sceglie Scicli e Sampieri.
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Lui è un concentrato di umiltà. Ha i capelli più corti, senza riccioli, ben sbarbato: “Mi incrociano, mi guardano in faccia, restano col dubbio che io sia un sosia di quello che hanno visto in tv. O forse, semplicemente, da queste parti le persone sono così discrete da lasciarti alla tua privacy”.
Detto con quattro parole, Michele Riondino non se la tira.
“Conoscevo la Sicilia, ho molti amici a Militello Val di Catania, ho lavorato a Palermo con Emma Dante, amo la sicilianità sciasciana di Salvo Randone, e mi sono sentito adottato da un territorio che mi ha fatto innamorare.
Quando arrivai in provincia di Ragusa la prima volta, ricordo, era febbraio, faceva freddo, ho scoperto un’altra Sicilia, molto diversa. Qui c’è una cura dei luoghi, una voglia di valorizzarli, ad di là di quello che possa aver dato Montalbano. Ecco, la bellezza del paesaggio del ragusano è un valore assoluto, l’aspettativa del viaggiatore che sceglie Ragusa, Modica, Scicli perché innamorato di Montalbano, viene mantenuta.
Scicli, in questo senso, ti lascia perplesso, come dire, ti sconvolge.
Vieni a Ibla e ti innamori, vai a Modica e ti chiedi: hanno costruito un presepe? Arrivi a Scicli e ti senti male: ha la fortuna di non essere conosciuta come le altre città. E quindi hai l’impressione di esserne tu lo scopritore. E’ la mia amata.
Perché?
Per la luce. Incredibile. E’ unica al mondo. Senza occhiali da sole io non riesco a stare. E’ bellissima. Accecante.
Vedi, ho letto un tuo articolo, Peppe, dove si criticava la scelta di girare il giovane Montalbano in autunno. Ecco, vedi, il Montalbano classico ci ha abituati alla luce giallo oro di Scicli. Ma credo che si debbano raccontare anche i grigi autunnali, anche quella è comunque Scicli. Tutti ne conosciamo l’estate. Ma quanti ne conoscono l’inverno di Scicli?
Perché sei qui?
Sono qui perché ho un amico, Mario Ferraro, storico collaboratore di Montalbano, sono venuto nel luogo di lavoro per vacanza, perché mi sento molto a casa, mi piace venire a Sampieri. Trovo molta discrezione qui.
Qual è il tuo rapporto con Montalbano?
Confesso. Non lo guardavo. Lo amo, l’ho letto, ma non lo guardavo.
Ho avuto il privilegio di parlare del personaggio con Andrea Camilleri, mi confronto con lui, parliamo dei suoi libri, ma anche di Sciascia, amo la letteratura siciliana, quell’idea di Sicilia degli anni ’70, ’80, ’90, che ho studiato anche con Emma Dante; il concetto di mafia intesa come appartenenza a un territorio.
Temevo molto Montalbano all’inizio, ho capito che non lo dovevo giudicare, non dovevo affezionarmi né essere vittima della sua santificazione. Mi sento…un suo amico.
Cosa ti piace di questa Italia?
Mi piace il recondito politico, come lo chiamo io, la capacità di giudicare degli italiani, che ai nostri politici però non piace.
Riusciamo ancora a far le differenze, nonostante l’approccio alla politica da tifo calcistico e la spettacolarizzazione, nonostante il ring, gli italiani sappiamo capire le differenze. E’ la nostra forza, recondita e inconsapevole.
I Renzi di oggi esaltano invece l’astensione, il disinteresse, il distacco. Io mi astengo, ad esempio, non mi sento rappresentato. Renzi mira alla americanizzazione della politica italiana.
Ma noi resistiamo.