Ragusa - Un architetto d’interni e un informatico di Milano decidono, mentre viaggiano per il Sud America, di aprire un ostello in Sicilia, a Ragusa per l’esattezza. Non scelgono la tanto rinomata Ibla ma Ragusa superiore, in un punto strategico e in un immobile che tutti hanno sempre guardato con curiosità. Da fuori non se ne percepisce la grandezza, arroccato com’è su più livelli del pendio naturale della vallata, ma all’interno, seguendo le scale in pietra pece e i ghirigori dei pavimenti originali, si svelano tre piani, con un delizioso terrazzino con tavoli e sedie e un’ampia terrazza in cima. Se le camere (due doppie, una quadrupla mista, una quadrupla femminile e una mista con sei posti letto), risultano un po’ spoglie con letti a castello e armadietti, al contrario l’arredamento delle aree comuni sembra voler invitare alla condivisione, alla socialità, al confronto. Quello che però riempie e caratterizza i settecento metri quadrati dell’ostello San Vito, il primo a Ragusa, è senz’altro l’idea di viaggio che ne hanno i suoi proprietari, Susanna Solazzo ed Eugenio Zona.
News Correlate
Com’è nata da Milano l’idea di aprire un ostello in Sicilia?
Nel 2013 abbiamo lasciato il lavoro a Milano, eravamo stanchi di stare rinchiusi in ufficio, e siamo partiti per un anno per girare il Sud America, dall’Argentina alla Colombia riscendendo poi dall’altro lato. Ci siamo spostati coi mezzi pubblici e andavamo a dormire negli ostelli e così ci è venuta l’idea di aprirne uno e di farlo, nonostante la burocrazia, in Italia. Eravamo indecisi tra Toscana e Sicilia, poi la scelta è ricaduta sull’isola perché all’estero la si vende interamente, la si percepisce come un paese unico e visto che la nostra tipologia di viaggiatore gira tanto, poteva essere il posto ideale. In più ci piaceva molto: Eugenio ci era stato più volte per lavoro, Susanna vi aveva fatto il primo viaggio a sedici anni e ne era rimasta folgorata già allora.
Perché poi la scelta è ricaduta proprio su Ragusa?
Per noi era importante che la città avesse un aeroporto nei paraggi e non avesse ancora ostelli: Siracusa, Palermo e Catania li avevano già quindi sono state escluse. La scelta alla fine è stata tra Trapani e Ragusa. All’inizio avevamo guardato a Ibla ma un ostello deve avere dei parametri legislativi e degli spazi ben precisi quindi avremmo dovuto comprare più casette da unire. Nel frattempo a Siracusa (dove abbiamo degli amici) ci eravamo imbattuti in Impact Hub, un collettivo di professionisti bravissimi che ci hanno seguiti nelle prime scelte e accompagnati fino all’apertura: ci hanno parlato bene di Ragusa, del territorio, delle persone, del turismo in crescita e abbiamo studiato insieme il mercato di questa zona. Visto che eravamo a un punto morto nella ricerca, abbiamo scritto un’email al Comune chiedendo se avessero immobili in affitto che potessero corrispondere alle nostre esigenze. Quando ci hanno mostrato questo, è stato amore a prima vista! Poi c’è stato il bando e con un rialzo dell’importo ce lo siamo aggiudicato noi. Dobbiamo ammettere che avevamo dei pregiudizi: chi viene dal Nord si aspetta che il Sud non sia aggiornato, che non si sappia neanche cosa sia un ostello e invece sia a Siracusa che a Ragusa ci siamo dovuti ricredere, abbiamo trovato gente preparata, giovane, aperta e pronta a collaborare.
Cosa vi è piaciuto di questo posto?
Questo era l’Hotel Trinacria, aperto dalla famiglia Di Natale negli anni ’30. L’insegna in cima è ancora quella originale. Durante la seconda guerra mondiale fu sequestrato dai tedeschi, che vi fecero il loro quartier generale, poi tornò alla famiglia e in seguito fu espropriato dal Comune per realizzare il ponte e infine usato come ufficio tributi. Essere fuori da Ibla non è un problema, i nostri ospiti amano camminare ed è invece molto più importante essere vicini alle stazioni dei treni e dei pullman. In più il centro di Ragusa superiore si anima sempre di più e tra non molto inaugureremo anche uno spazio culturale aperto al pubblico. Che la città non sia collegata da autostrade o dal servizio ferroviario paradossalmente per noi è un valore aggiunto: il nostro viaggiatore non pianifica tutto nel dettaglio, si prende i suoi tempi e quando una tappa non si può fare in giornata non ha problemi a fermarsi a dormire. Preferisce risparmiare sull’alloggio e godersi con calma ciò che la città offre, spendendo sul territorio. Noi puntiamo molto sulle attività che si possono fare in zona, anche grazie alle distanze brevissime: il barocco, il mare e la natura sono tutti nei paraggi. Per esempio a molti ospiti piace il trekking e non esitano a esplorare le vallate e i promontori dei dintorni. Noi stessi amiamo farlo e abbiamo conosciuto tanta gente a Ragusa tra un’escursione e l’altra.
Qual è il vostro viaggiatore-tipo?
In media ha tra i 25 e 35 anni ma non è detto, il nostro primo ospite è stata una signora svizzera sessantenne: la fascia di età si sta allargando sempre più, per questo abbiamo scelto di non fare solo camerate ma anche camere doppie (i prezzi oscillano tra i 20 euro del posto letto in camerata e i 60 euro della camera doppia, nda). L’ostello invita alla socialità: gli spazi comuni vengono davvero vissuti dagli ospiti, i nostri ospiti di solito viaggiano da soli quindi non restano in camerata, sono spinti a conoscere altre persone, condividere e scambiare informazioni con chi è già stato nella loro prossima meta o chi la deve ancora raggiungere. Il soggiorno in ostello è sempre un’esperienza sociale. Viaggiare da soli è un fenomeno in crescita, anche se l’Italia in questo è molto indietro rispetto ad altri paesi: negli USA o in Gran Bretagna prendersi un anno per viaggiare è considerato un investimento, leggerlo nel CV dà punti perché indica che il candidato è capace di cavarsela da sé, in Italia invece è considerato una perdita di tempo e in ambito lavorativo spesso viene suggerito di nasconderlo. All’estero il mercato del lavoro è più mobile ma è anche vero che nel nostro paese c’è la tendenza a far crescere i giovani nella bambagia, a proteggerli, mentre fuori li si accompagna presto fuori di casa. Informarsi è fondamentale e oggi è semplice: basta guardare il sito della Farnesina, per evitare le zone a rischio, e poi i numerosi blog di viaggiatori che danno riscontri in tempo reale sul luogo. In Italia c’è una paura costante quando invece è uno dei posti più sicuri al mondo: se credessimo alle statistiche dovremmo ammettere di avere almeno un criminale tra le nostre conoscenze! L’incidente può capitare ovunque e molto dipende chiaramente da come si pone il viaggiatore, ma la realtà non è così così pericolosa: in giro ci sono molte più brave persone di quanto non si creda!