Catania - Virginia Raffaele. C'è una sedimentazione nello spettacolo “Performance”, che l'attrice romana ha portato in scena al Metropolitan di Catania ieri sera.
Vi è l'anima circense della famiglia in cui Virginia è cresciuta, nelle giostre dell'Eur, a Roma, e quindi il lavoro sul corpo, che ricorda ora un manichino snodabile, ora cita Totò, diventando
come la plastilina del Pongo, modellabile. Così la Raffaele passa dall'estrememante bello allo sciatto e brutto negando il proprio corpo, appiattendolo, curvandolo, rendendolo privo di qualunque erotismo, per poi esplodere nella sensualità di Belen, prorompente quanto insipida.
A questo lavoro sulla teatralità priva di parola, fatta di fisicità e basta, Virginia affianca altro. Cosa? La voce. Se e quando si accorgerà che può partecipare al Festival di Sanremo non come attrice comica ma come cantante, le basterà trovare un testo e un brano giusto, ironico, arboriano, per sfondare anche come cantante. In Performance riesce a far cantare Maria Salvador di J-ax a Ornella Vanoni, rendendo credibile, a chi chiude gli occhi e si limita ad ascoltare, il travisamento.
Infine, ultimo ma non ultimo, il lavoro sulla costruzione dei personaggi.
Virginia Raffaele non fa un lavoro di imitazione, di ingigantimento dei loro tic nervosi, delle loro inflessioni. Li reinventa, li crea, li immagina, caratterizzandoli, giocando con i loro tormenti, debolezze, manie, puramente intuite da Virginia.
Così le donne dello spettacolo in cui si immerge vivono di vita propria, di luce autonoma, diventando qualcosa di più e di diverso da una imitazione parodica.
Sul piano squisitamente culturale, c'è poi il riferimento alla teatralità napoletana e alle canzoni della mala, milanesi, con tanto di sfottò a Strehler.
“Venire a Scicli? Guarda, so, perchè me lo hanno detto in tanti, e tu per ultimo, che è bellissima. Spero di venire presto”.
Il personaggio che ci è piaciuto di più?
Gilberto, con la G dolce come la pronunciano i brasiliani. E' un trans, un uomo che ha “corretto la fortuna”, come avrebbe detto fabrizio De Andrè, cambiando sesso, e offrendo a tutti la stessa rosa. Questa Princesa che ha cambiato nome, diventando Paula, un po' buffa e impacciata, nata come personaggio comico, diventa, nel corso della Performance, una maschera tragica, che costringe tutti e riflettere sulla diversità e sul senso di identità di ognuno di noi. Al di là delle maschere.
Un pugno allo stomaco, improvviso e duro, nel guanto di velluto di Virginia.