Nuovo dipendenze

Dipendenza da smartphone, come disintossicarsi

Dipendenza da smartphone, per disintossicarsi è necessario evitare di pensare che dietro lo schermo ci si possa sentire più protetti e con meno freni inibitori lasciando spazio a comportamenti poco trasparenti.



Oggi il primo squillo di cellulare compie 45 anni, durante i quali l’evoluzione della tecnologia mobile e l’avvento di Intenet hanno modificato profondamente le abitudini e lo stile di vita delle persone, spesso semplificandola ma aprendo anche la strada a una modalità “always-on”, che vede le persone sempre connesse e raggiungibili. La dottoressa Patrizia Mattioli, psicologa e psicoterapeuta di Roma, di MioDottore, indagare luci e ombre dell’utilizzo dei dispositivi mobili e fornire utili suggerimenti pratici per mantenere un corretto equilibrio nella quotidianità.

Non l’oggetto, ma il suo utilizzo

Secondo l’esperta esistono molti elementi positivi legati all’utilizzo degli smartphone e alla presenza online, come ad esempio la semplificazione di alcune attività, l’accesso veloce a molteplici informazioni, la possibilità di rimanere facilmente in contatto con persone lontane e conoscerne di nuove. Il punto cruciale è prestare attenzione all’uso di tali strumenti per evitare che la vita online vada a sostituirsi al piano reale, diventando l’unico modo o quello prevalente di imparare, comunicare o porsi in relazione all’altro. Un altro aspetto da considerare è il fatto che spesso dietro lo schermo ci si possa sentire più protetti e con meno freni inibitori lasciando spazio a comportamenti poco trasparenti.

Dalla semplificazione alla dipendenza tecnologica

Si può iniziare a parlare di dipendenza tecnologica quando il rapporto con questa sovrasta le altre esigenze, al di là degli impegni lavorativi che ne impongono l’utilizzo. In questi casi, la dottoressa suggerisce di rivolgersi a uno specialista “quando si intravede il rischio di una centralità della tecnologia a scapito della realtà, quando vengono trascurate le altre aree personali e quando questo non corrisponde a un miglioramento della qualità della vita.”

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In questo contesto si può parlare di internet addiction – simile ad altre forme di dipendenza dal punto di vista psicologico – che rappresenta un tentativo di trovare una soluzione ad un problema presente sul piano reale e che spesso si nutre del senso di adeguatezza e di capacità che si genera dal gestire le proprie relazioni online.

I soggetti più esposti: bambini e adolescenti

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Giovani e giovanissimi – veri e propri nativi digitali - vivono in una realtà in cui smartphone e internet sono da sempre parte integrante della loro quotidianità e per questo sono anche i soggetti più esposti agli effetti di un eventuale abuso o uso improprio. Infatti, la dottoressa commenta: “I più giovani sono massicciamente presenti sui social network e quasi non usano più il cellulare per chiamarsi ma comunicano per messaggi via chat, immagini e melodie. Il fatto di poter essere in contatto potenzialmente sempre, rimpicciolisce gli spazi individuali e potrebbe interferire con il consolidamento dell’identità personale. Difficile dire quanto questo sia realmente un rischio e non piuttosto un’opportunità in considerazione dei rapidi cambiamenti che avvengono a livello sociale. Cellulari e rete avvicinano le persone ma lo fanno in modo distante, le relazioni che si stabiliscono o si mantengono unicamente nel virtuale sono relazioni incomplete.”

Digital detox sì ma se accompagnato da tre “buone” regole

Secondo la dottoressa, in alcuni casi, il digital detox è sicuramente un valido approccio, ma non è sufficiente da solo a risolvere eventuali problematiche; bisogna, infatti, tener conto di possibili ricadute qualora non sia stato indagato il motivo reale della dipendenza. È bene dunque stabilire regole attuabili da tenere come linee guida nella quotidianità:

1. Scandire il tempo dedicato al virtuale con uno strumento esterno;

2. Prima di avvicinarsi allo smartphone, domandarsi a quale bisogno si sta rispondendo e cosa succederebbe se non ci si potesse connettere;

3. Costruire strumenti di barriera per arginare l’intrusività esterna (come l’arrivo di email o messaggi), ad esempio silenziando il telefono in certi orari della giornata.


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