Zurigo - E' morto l'ex amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne. Aveva compiuto a giugno 66 anni ed è spirato all'ospedale universitario di Zurigo dove era stato ricoverato il 27 giugno per un intervento alla spalla destra.
Dopo l'intervento alla spalla destra, a fine giugno, le sue condizioni parevano nella norma.
Dieci giorni fa l'aggravamento per quelle che i sanitari hanno definito "complicanze postoperatorie". L'amministratore delegato di Fca ha perso conoscenza e venerdì scorso è stato John Elkann ad annunciare che "Marchionne non potrà tornare a fare l'amministratore delegato" proprio a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute. Marchionne è stato assistito dai suoi figli e dalla compagna.
Oggi il suo successore, Mike Manley, debutta ufficialmente davanti ai mercati come nuovo amministratore delegato.
Forse un tumore ai polmoni lo ha portato via
Marchionne era un grande fumatore di sigarette, e lui stesso una volta disse: "Saranno la mia morte". Alcune persone vicine all'entourage dell'italo-canadese avrebbero parlato di "un tumore alla parte apicale del polmone". Tesi che si sposerebbe con quanto detto finora a livello ufficiale, vale a dire di un intervento alla spalla che avrebbe avuto inattese e tragiche conseguenze.
Le complicazioni di una tale operazione potrebbero essere lesioni all'aorta e quindi al cervello. Ma qui si sconfina nelle pure ipotesi chirurgiche, che finora non hanno avuto alcuna conferma. La dipendenza dal tabacco non era un mistero sull'Ad di Fiat, abituato a fumare tre pacchetti di sigarette al giorno. La compagna Manuela Battezzato era riuscita nella sfida di convincerlo per un po' a smettere, un anno fa, ma senza troppa convinzione, al punto da fargli spesso dire con il sorriso: "Saranno la mia morte". Una frase che ripensata oggi è una battuta che non fa più ridere.
L'ultima apparizione in pubblico. A un cane antidroga chiese: "Lo riconosci il figlio di carabiniere?"
Sergio Marchionne, figlio di un maresciallo, vede un cane poliziotto e scherza: “Lo riconosci il figlio di un carabiniere?”, dice nel video. È la sua ultima apparizione pubblica da a.d. di Fca, lo scorso giugno, per la consegna della Jeep Wrangler ai Carabinieri, a Roma.
Grazie a Sergio le azioni Fiat hanno guadagnato in borsa il mille per cento
Quando Sergio Marchionne arrivò in Fiat nel 2004, la Fiat andava malissimo. I modelli erano tutti vecchi, la reputazione modestissima (“A Parigi – si diceva allora – solo i portieri di notte girano con auto Fiat”), i conti un disastro assoluto: perdite e debiti.
Marchionne partì per gli Stati Uniti, con l’incarico di sentire che aria tirasse. Ma aveva in testa un disegno: far scucire molti soldi alla General Motors per liberarla dall’obbligo di comprare tutta la Fiat, che andava malissimo. Un’impresa quasi disperata. All’epoca, un banchiere milanese disse: “Vedrete che Marchionne ci riesce. Vedi, noi abbiamo studiato a Oxford, conosciamo le buone maniere. Sergio invece ha studiato in America e sa come si dice “Andate a cagare”. Li spaventerà e ci riuscirà”.
Per uscire dall’affaire Fiat Marchionne chiese una cifra astronomica: 1,55 miliardi di dollari. Alla fine gli americani accettarono: un miliardo subito e il resto dopo 90 giorni. Con quella dote, Sergio iniziò a ricostruire la Fiat. Quando il mercato ripartì, dopo la crisi, arrivano le nuove auto e furono tutte un successo.
Dieci anni dopo, nuova crisi dell’auto e in America Detroit sembrava un cimitero. Le case automobilistiche erano a pezzi. Marchionne puntò la terza, la più piccola, la Chrysler. Grazie ai buoni rapporti con l’amministrazione Obama riuscì ad avere un finanziamento dalla Casa Bianca. Il 40 per cento dell’azienda era in mano al sindacato automobili. Il sindacato americano gli cedette le azioni. La Chrysler entrò nell’impero Fiat e la Fiat diventò a tutti gli effetti, per la prima volta nella sua storia, una multinazionale.
Ingaggiato per vendere la Fiat agli americani della General Motors, finì che comprò un’azienda americana, riuscendo a rilanciare sia la casa madre che il nuovo acquisto. E, poco alla volta, restituì i soldi avuti in prestito da Obama.
L’era Marchionne si chiude con un guadagno di Borsa del titolo Fiat del 1000 per cento. Il valore delle azioni, cioè, si è moltiplicato di dieci volte. Risultato impressionante, soprattutto se si tiene conto del fatto che all’inizio quella era un’azienda fallita e piena di debiti, senza un futuro.
Del suo stile si sa ormai tutto. La sua rivoluzione è consistita nell’avere pochissimi, quasi zero, rapporti con i politici e rapporti molto netti con il sindacato italiano.
In sostanza, gli avevano consegnato un rottame e lui nel giro di dieci anni ne ha fatto il sesto gruppo automobilistico mondiale, in attivo e ormai senza più debiti. E senza chiedere un solo euro al governo italiano. Gli unici soldi pubblici che ha avuto sono quelli che gli ha prestato Obama in America.
Tutto bene fino a venti giorni fa. C’era anche una nuova compagna di vita. Ma a fine giugno entra in ospedale in Svizzera per un intervento alla spalla e dice ai collaboratori: “Starò via pochi giorni, non terremotate l’agenda”. I medici scoprono metastasi ai polmoni. E la situazione si aggrava di ora in ora. Finisce in coma. E' morto stamattina. Ce ne ricorderemo di quest'uomo.