Con l’arrivo della menopausa e con l’età che avanza circa una donna su due sviluppa la cosiddetta sindrome genitourinaria della menopausa, che provoca una costellazione di disturbi, non soltanto a livello strettamente genitale, ma anche sessuale e urinario, e che ancora troppo spesso moltissime donne tendono a sottovalutare, o perlomeno a trascurare, con ricadute negative sulla qualità di vita che potrebbero essere evitate visto che esiste una vasta gamma di possibili trattamenti.
Alcune strutture vulvovaginali e dell’apparato urinario hanno una comune origine embrionale e un’analoga sensibilità agli ormoni sessuali (sia estrogeni sia testosterone). Con l’esaurimento della funzionalità delle ovaie e la riduzione del testosterone legata all’età, i tessuti dei genitali esterni e interni tendono a perdere consistenza, a diventare meno elastici, vascolarizzati e lubrificati, mentre la muscosa uretrale si assottiglia, si infiamma con più facilità e può diventare meno “continente”. Queste alterazioni anatomiche, che sono più evidenti nel medio-lungo termine, determinano diversi sintomi che possono fare la loro comparsa già con l’arrivo della menopausa, ma che in genere si intensificano con il passare degli anni. A tutto questo possono aggiungersi stati infiammatori, modesti sanguinamenti e alterazioni del microbiota vaginale.
La sindrome genitourinaria della menopausa è una condizione che causa ripercussioni su diversi fronti: genitale, sessuale, urinario. Nelle donne che ne soffrono, la secchezza vaginale (uno dei sintomi cardine della carenza estrogenica) può associarsi in modo variabile ad altre manifestazioni, che comprendono dolore nel rapporto sessuale (dispareunia), bruciore, irritazione, prurito, perdite ematiche, urgenza/frequenza urinaria, difficoltà o dolore a urinare e cistiti ricorrenti. Purtroppo la maggior parte delle donne pensa ancora che questi siano sintomi ineluttabili, legati al passare degli anni e non li mette in relazione con la carenza di ormoni sessuali.
Prima si interviene, meglio è. Una terapia precoce personalizzata, protratta o ripetuta per un tempo adeguato, permette di prevenire la cronicizzazione dei disturbi e ulteriori peggioramenti. Tra i trattamenti di prima scelta rientrano i lubrificanti-idratanti vaginali, gli estrogeni locali, il Dhea intravaginale (appena approvato in Europa), nonchè terapie ormonali sistemiche oppure con inibitori selettivi dei recettori estrogenici (ospemifene). Negli ultimi anni, si stanno affermando anche la laserterapia e la radiofrequenza che, depositando un certo grado di energia termica sulle pareti vaginali e a livello dei genitali
esterni, inducono una serie di benefici, migliorando la lubrificazione e la funzione sessuale. Per queste mancano tuttavia ancora dati di efficacia a lungo termine e comunque vanno usati da professionisti esperti, per non rischiare di avere più danni che benefici.