Comiso - Venticinque anni fa a Comiso, alla corte di Gesualdo Bufalino, con lampi e bagliori in posa: Chiambretti ed io emuli, timidi e chiassosi, del Cillenio, in uno scatto fraterno di Giovanni Iemulo.
Lo scrittore in stretta divisa casalinga che impugna la penna e verga un autografo rilasciato all’amico di Piero, aveva letto, qualche minuto prima, davanti alle telecamere de “Il laureato”, la sua poesia per Falcone e Borsellino, “Chiuso per lutto”, dove, parafrasandolo, diceva che per salvare la Sicilia dalla mafia ci vorrebbe "un esercito di maestri elementari".
Mi pregio di poter testimoniare ancora la saggezza di un maestro, i “fulmini di bellissima intelligenza” che si abbattono, di tanto in tanto, a rompere i macigni di un tempio isolano eretto all’oscurità.
Lo fa pure il suo paese ‘U Comisu, la città che gli ha dato i natali, inaugurando domani una rinnovata casa, per il suo monastico convento di libri e di parole.
Chi verrà nelle nuove stanze della pescheria, della “vucceria” (che lo videro bambino ladro di carte, di fogli di giornali utili ad avvolgere il pesce) si specchierà in guizzi sparsi di vetri scintillanti, bacheche di carte lasciate a noi in eredità, tanto luminose che sembrano navigare sospese nello spazio, con le lunghe librerie riflesse a toccare altri libri, mescolarsi con quelli pubblicati da lui.
Da questo universo, archivio di ricchi volumi, si scorge brillare altresì un presagio d’altri libri ancora sommersi da portare a galla, da scrivere e dedicare all’opera letteraria o citatoria del vecchio ingegnere di Babele, come ad esempio, scovare quel “libro dei libri” che tanto ha affascinato una studiosa d’oltralpe e appenninica, da scommetterci una giovinezza pur di ritrovarlo in un corpo vivo, in un dattiloscritto disperso.
Quel “pantheon privato”, costituito come fondazione pubblica il 17 marzo del 1999, e che ha festeggiato già i sui vent’anni proprio con l’inizio dei lavori di ristrutturazione, riapre le porte nel centenario della nascita di Gesualdo Bufalino.
Gli auguri vanno a tutti, sia alle figure di spicco che amministrano e sovrintendono la Fondazione, sia pure a tutti quei comprimari, artigiani e professionisti che hanno reso possibile, con il loro lavoro, i preparativi per questo fondamentale appuntamento per la nostra città “teatro” che ha visto nascere (in quel lontano lunedì 15 novembre del 1920, in via Principe di Carignano, al numero 27, alle ore 4 e minuti 15 del mattino, sotto l’ala protettrice del campanile della Chiesa dell’Annunziata) l’astro tra i più radiosi del Novecento della nostra letteratura.
Quando Chiambretti intervistò Bufalino
Un bellissimo ricordo di Salvatore Schembari
di Salvatore Schembari
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