Ragusa - Quando ero un giovane e spensierato studente di filosofia al San Raffaele, mi capitò di sentir dire a Don Verzé (“il manager di Dio”) che la ricchezza economica nasce dall’Idea. Vicino a lui c’era Massimo Cacciari, che pur maneggiando idee da decenni, sorrideva come a dire: “non ci credo”. Forse tutti avremmo avuto la reazione di Cacciari, ma sono sicuro che anche lui in qualche modo deve dare conto e ragione alle Idee, visto che ci campa molto bene. Perché questo discorso e questo ricordo? Proprio perché nel mondo in cui viviamo gran parte della crisi (e delle crisi) proviene dalla mancanza di Idee. Ci sono tante parole e poche Idee (non parlerò male del programma televisivo di Gramellini sulle parole, perché l’ho appena fatto!).
Questa faccenda delle Idee (scusate, ma sono un platonico convinto) mi è venuta in mente anche leggendo il nuovo libro di Andrea Parasiliti. Infatti troviamo in Andrea non tanto la scrittura di un libro di poesie, ma innanzitutto l’Idea di un libro. Idea condivisa con il lavoro certosino e creativo del grafico (ma anche editore e scrittore) Emanuele Cavarra.
Oggi per “fare un libro” di poesie basta poco. Servono parole (c’è chi le mette meglio e chi peggio), un click, pagare l’editore (o presunto tale) e gettarsi in un mercato in cui si viene ignorati. E’ noto che ormai ci sono più “scrittori” che lettori. E ciò produce lavori di scarsa qualità che restano “vivi” solo nella cerchia dei pochi amici del “poeta”. Non mi spingo oltre per non andare fuori tema.
Quello che voglio dire è che il libro di Andrea è un libro d’artista sicuramente per la grafica e per le copie limitate e numerate (sono 50), ma soprattutto perché dietro c’è una valida Idea. Quale? Quella che Sgalambro avrebbe chiamato “contemporaneità della fine del mondo”. Nessun “lamento” apocalittico-religioso-filosofico (temi più miei che di Andrea), ma la consapevolezza quasi scientifica (il “quasi” e d’obbligo in questo periodo in cui ogni scienziato dice la sua sul COVID-19) che il mondo è destinato a finire sommerso dall’acqua, dal mare. Ognuno può fantasticare sulla Fine, e a me piacerebbe tanto che tutto finissse nella pace di un mare guccioniano. Ma l’Idea di Andrea non si ferma qui! Data questa “certezza della Fine”, lui ha voluto dara alla poesia il timbro dell’eternità. Come? Plastificando ogni pagina in modo tale che, anche non restando sul pianeta nessun uomo, la poesia stessa restasse eterna nel suo perenne fluttuare. Anche se si ripresenta un antico dilemma: se un albero cade in un bosco e non c’è nessun uomo, l’albero è caduto davvero? Lasciamo la risposta ai filosofi analitici.
Ma che poesia è quella di Andrea? Una poesia breve, secca, ironica, tagliente, ambigua. D’altronde l’uomo che sta annegando, può perdersi in discorsi lunghi o in preghiere sconfinate? No! Bisogna affondare facendo una sintesi e ricordandosi che – come cantava De Andrè – “quando si muore, si muore soli”. Ecco perché anche il titolo del libro si sposa con l’Idea: “IO SIAMO GIA’ IN TROPPI”.
Infine, visto che aspettando la Fine dobbiamo pur mangiare - per tornare da dove ho cominciato - ciò che conta è davvero l’Idea. Infatti, anche in questo caso l’Idea di Andrea è stata un successo. Come avevo pronosticato io - in una nostra lunga conversazione telefonica - la sera prima dell’uscita del libro, in poche ore le 50 copie sono state vendute tutte. Mai avrei pensato di dover dare ragione a Don Verzè!
Avrei ancora due cose da dire ad Andrea: 1) lui ha pensato al mare. Ma se invece si “arrabbiasse” l’elemento fuoco, cioè il Vulcano tanto caro al suo Marinetti? In tal caso forse potremmo “vetrificare”? 2) Non dirò mai al lettore perché questo libro ha creato un “muro” tra me e Andrea (si spera momentaneo). Dico soltanto che ho trovato il fegato di “aprirlo”, leggerlo e gustarlo solo dopo un mese dall’acquisto. E questa recensione è il regalo che lascio a un mio grande amico, augurandogli altri successi e una buona vacanza futurista prima del suo prossimo incarico universitario in qualche parte di terra “minacciata” sempre dallo sconfinato mare.