Se hanno dato il Nobel per la musica a Bob Dylan, hanno potuto ben consegnare nel 91 il Premio Montale a Paolo Conte. Solo la prima, fra tante Targhe Tenco e onorificenze musicali, di numerosi riconoscimenti successivi squisitamente letterari: il Premio Chiara e le nomine a Cavaliere, al merito in Italia e delle arti e delle lettere in Francia, due lauree honoris causa in letteratura moderna e linguaggi musicali. Paolo Conte ha più decorazioni di un generale d'armata. Perché la musica è sempre scrittura: come questa occupa le funzioni dell'emisfero cerebrale sinistro. Sostituisce solo il pentagramma al foglio a righe o quadretti (anche su pc), le note con le lettere, le battute con le parole, tanto che si usa dire frase o periodo “musicale”. Sono anatomicamente vicine, anzi la stessa cosa. Una delle canzoni con il testo più godibile, indipendente dalla musica su cui la voce lo adagia, è Wanda, stai seria con la faccia ma però del 1974, contenuta nel disco d’esordio del cantautore, intitolato semplicemente Paolo Conte. Ci accingiamo alla sua analisi poetica.
Stai seria con la faccia ma però
Paradossale, Conte apre con un clamoroso strafalcione grammaticale: ricamandoci sopra addirittura il titolo della canzone, che ricorda vagamente quello di un film di Lina Wertmuller. L’autore non vuole dimostrare la conoscenza del corretto uso della lingua italiana e, in nome del supremo valore della musicalità del verso, si permette anche questo. Ma e’ anche - nel suo caratteristico stile costruito sull'alternanza di toni alti e bassi - il gradino da cui prende lo slancio, che fa da assist per la stupenda immagine poetica che segue.
Ridi con gli occhi, io lo so
Geniale associazione tra vocabolo e verbo, due tocchi d'autore per descrivere l'espressione della donna che ha davanti, in due righe il ritratto fisico e psicologico di un volto: all'atteggiamento severo, austero o forse un po' innervosito da una piccola discussione, fa da contrappunto la felicità interna, che lo sguardo non riesce a nascondere; almeno non all'autore, che ha evidentemente ha una certa confidenza con le spigolature espressive di quella faccia.
Per oggi non ti scappo
stiamo insieme tutto il giorno, io e te io e te...
Svelata la ragione della fronte corrucciata: la donna si sente un po' trascurata dal protagonista e - pur volendo mantenere il punto, il broncio, per non dargli la soddisfazione che basti dedicarle una giornata per rimediare al torto – è comunque intimamente molto contenta.
Andiamo al ristorante in riva al mar
Mi han detto che fan bene da mangiar
Il tono torna quello domestico, consueto, mediano di una classica gita fuori porta.
Il vino bianco e' fresco e va giù bene
Come questo cielo grande su di noi
Come gli occhi ridono così il cielo si beve, come nettare: altra associazione sensoriale che troviamo pure ne La topolino amaranto, nel verso che recita "beviti sto cielo azzurro e alto, che sembra di smalto e corre con noi".
Wanda, ti abbraccio forte e poi ti do
Un bacio e poi ti dico frasi che non avevo detto mai
Intanto l'uso forbito dell'enjambement, poi la scelta di un nome femminile già in disuso mezzo secolo fa. Un nome d'Epoca, d'altri tempi, in voga prima della guerra: ci catapulta in un contesto che potrebbe essere - come nella fisarmonica di Stradella o la saga del Mocambo - a ridosso dell'immediato dopoguerra. Il periodo a cavallo tra anni 40 e 50 è la cornice storica che fa da sfondo a buona parte della prima produzione contiana.
Carezze qui, carezze là, tutte per me
Che non ti ho dato mai niente
Stavolta l’autore, complici il vino e la bella giornata, si lascia andare con la compagna come mai prima. Quasi non riesce a spiegarsi questo slancio, da parte di entrambi: negli altri ritornelli infatti inverte i soggetti in “mi abbracci forte e poi i dai…” fino a “per te, che non mi hai dato mai niente”. S’intuisce da questo che la coppia è giovane, sta insieme da poco e deve ancora condividere delle esperienze importanti.
Piano sennò ci vede la gente, Wanda
Innamorati fin che vuoi
ma non ci siamo solo noi
Il tono torna basso, comico. Conte si accorge che forse stanno un po' esagerando e - come vedremo anche nel verso che segue - resta sempre con un piede nella realtà.
Io sto a guardar la tua felicità
Mi chiedo quanto durerà
Dal discorso diretto all'introspezione in una strofa, l’autore comincia a parlare con se stesso. Per quanto grande possa essere il coinvolgimento, non ce la fa ancora ad abbandonarsi completamente, a staccare dai suoi turbamenti: dentro di sé continua a essere il solito pensatore malinconico. Guarda la gioia della donna che ha di fronte, forse un po’ invidiandola, conscio che è un sentimento destinato per definizione a durare poco: il realismo è un riflesso automatico, e continua a incombere.
Lo so che ogni mio amore è stato sempre un breve sogno
e niente più, niente più
Gli tornano in mente le storie passate, che per un attimo l’hanno infatuato ingannandolo, facendolo risvegliare con la bocca impastata dal pessimismo: è consapevole che anche questa avventura, passata l'euforia iniziale, potrebbe finire da un momento all'altro.
Però la vita è un'altra cosa, eh si…
Esempio abbandonarsi un po' così
Ma almeno per oggi Conte vuole scacciare i fantasmi della sua mente: la realtà è qui e adesso, e non è così fosca come ce l’ha in testa. Per godersela, deve allontanare da sé il pensatore solitario di Azzurro e di un’altra giornata al mare.
Sentirmi il sole in faccia e non vederti
Ma capir dalla tua mano che sei qui
Uno dei versi più vividi di tutta poetica contiana: i due sono sdraiati ad abbronzarsi, lui ha gli occhi chiusi per il sole accecante ma capisce che c'è la sua donna accanto dalla mano che lo cerca. E che ha il potere di distrarlo dalla riflessione e gettarlo di nuovo, nel secondo ritornello, nel vortice della passione.
Intanto io rifletto, chi lo sa
Forse la vita e' tutta qua
Niente da fare, è più forte di lui: anche mentre bacia nell’autore si alternano i momenti di evasione e introspezione. Introduce però qui un elemento che è il messaggio del brano: il valore della semplicità, dei gesti e delle situazioni. E delle stesse parole, nel loro senso immediato, che Conte usa per tutta la canzone.
E abbiamo un bel cercare per le strade e nei cortili
Cosa c'e' cosa c'e'...
Il poeta non scrive parole a casaccio ma due termini precisi: strade - qualcosa di rettilineo e potenzialmente infinito - e cortili - uno spazio generalmente tondo o quadrato, comunque circoscritto - a riflettere le grandi e piccole aspirazioni, che perseguiamo nella nostra ricerca della felicità.
C'e' un mondo che si chiude se non ha
Un pugno di felicità
Suggestiva l’immagine, tra le righe, del mondo che si chiude come pugno: ne basta tanto, in fondo, per essere felici, per dare un cazzotto al torpore e all'inedia. La vita, senza emozioni, si ritrae in se stessa come le dita di una mano: per sentirsi bene, tutto sommato, non servono chissà quali cose, ma una manciata.
Io sono sempre triste ma mi piace
di sorprendermi felice insieme a te
Cos’è la semplicità? Fermare un istante, un sentimento in due parole: la felicità, ch’è breve per definizione, lo scherzo e il riso contagioso che sa trasmetterti chi ami quando è allegro. Anche in una personalità cupa e nostalgica per natura, che si scopre col sorriso sulla faccia. Si può essere contenti da soli, ma la felicità è una condizione che si prova solo se sono felici anche le persone a cui vuoi bene. Un testo romantico a suo modo, che supera l’amarezza delle quinte. Unito a un fox-trot con un tocco nostrano di musica popolare, tra la marcetta e il liscio alla Casadei, che lo rende un bozzetto d’amore, giocoso ma intenso: semplice, e per questo profondo.