Ragusa - Non conosce mezzi termini la Sicilia: o è prima, come nei contagi, o è ultima, come nei vaccini. Se i dati fossero invertiti sarebbe il massimo e invece la dura realtà è che è la regione italiana più esposta all’infezione e alle sue conseguenze: dopo 8 mesi di campagna, è ancora solo la metà della popolazione, il 55%, si è protetto dal Covid con la doppia dose rispetto alla media italiana del 62. E non è che le persone in attesa del richiamo siano così tante: l’8,4%. In pratica più di un siciliano su tre non è ancora vaccinato e, a questo punto, non si sa cosa aspetti: è lecito attendersi che non lo farà mai.
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Per questo sta prepotentemente tornando in auge il dibattito sull’obbligatorietà per legge: un tasto politico delicatissimo, viste le proteste già sollevate dal green pass. E pensare che a gennaio si fantasticava sul raggiungimento dell’immunità di gregge, in tempo per l’estate. Adesso, al contrario, le vacanze rischiano di finire in anticipo visto che la zona gialla, su cui decide oggi la cabina di regia romana, non cambierà granché nella circolazione e nei contatti: le mascherine obbligatorie all’aperto non potranno far molto se non ci si vaccina, per evitare l’arancione che già avvolge Vittoria e Comiso. Sulla mappa europea Ecdc, l’Isola è rossa da più di un mese.
La "minoranza senza dose che decide per tutti", contro cui si scaglia l'assessore alla salute Razza, non è poi così "minoranza": mancano addirittura diversi infermieri e sanitari, come s’è visto a Modica. Certo la minoranza sta riempiendo di nuovo gli ospedali, e questo è un danno soprattutto per la maggioranza di pazienti con altre malattie. Rispetto al target di residenti, i capoluoghi in cui si registra la più bassa percentuale di vaccini - in tutte le fasce d’età - sono Catania, Siracusa e Messina. I più virtuosi sono Agrigento, Enna, Palermo e Ragusa ma - all'interno di queste stesse province - non mancano eccezioni a livello comunale, com'è appunto il caso di Vittoria.