Catania - In quasi una persona su quattro i disturbi dell'olfatto, che possono insorgere con il contagio da Sars-Cov-2, riescono a persistere anche per un anno e più; soprattutto se il Covid è stato associato a cefalea e confusione mentale. Sono i risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Brain Sciences, del primo studio multicentrico italiano che ha cercato di far luce su disfunzione olfattiva persistente, cefalea e confusione mentale correlati al cosiddetto “Long Covid”, ovvero la persistenza di sintomi che non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica.
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La ricerca, coordinato da Arianna Di Stadio, professore associato di Otorinolaringoiatria presso l'Università di Catania, ha coinvolto anche i medici dell'Università del Michigan e della Wayne State University di Detroit: è stata condotta su 152 pazienti tra 18 e 65 anni guariti da almeno 6 mesi, ma ancora in cura presso i tre centri specializzati. Dalle analisi degli esperti è emerso che: 50 pazienti (il 32,8% del totale) presentavano sintomi quali anosmia, ovvero assenza di olfatto; 25 iposmia, cioè riduzione dell'olfatto; 10 parosmia, ovvero disfunzione dell'olfatto; e 58 pazienti (oltre il 38%) una combinazione di iposmia e parosmia. Il mal di testa, come sintomo correlato, è stato riportato da 76 pazienti (50%), mentre uno stato di confusione mentale da 71.
Secondo Di Stadio, “l'alterazione dell'olfatto e il coinvolgimento cognitivo sono caratteristiche comuni del Long-Covid: la confusione mentale, o ‘brain fog’, potrebbe influenzare l'olfatto alterando il ricordo degli odori o attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione”. In sostanza, chi ha sofferto non solo tosse, febbre e dolori articolari ma anche cefalea e stordimento cognitivo ha “un rischio significativamente maggiore di soffrire di anosmia o iposmia, se confrontati con la controparte senza sintomi neurologici”. Un piccolo passo avanti nella conoscenza di un’infezione sui cui effetti a lungo termine si sa ancora molto poco.