Ragusa - Il contratto di 330 "navigator" siciliani - età media under 40, laureati e dottorati - scade il 30 aprile dopo 2 anni e mezzo di caccia al lavoro per i beneficiari del reddito di cittadinanza. A onor del vero, non è tutta loro colpa del flop di una mission resa impossible non solo da un mercato del lavoro saturo e selvaggio, ma dallo stesso sussidio: pari o superiore alle buste paga che spesso oggi vengono offerte, soprattutto al personale non qualificato o adeguatamente formato.
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Il 70% dei percepenti ha la terza media o la licenza elementare: tanti bisognerebbe prima riportarli a scuola, altri sono destinati a restare fuori dal mercato anche per età o disagi personali. Sono mancati anche gli strumenti digitali per connettere banche dati, Inps e centri di collocamento: quelli siciliani impiegano quasi un quarto del personale italiano: 2.634 unità, di cui meno della metà ha un pc.
Fatto sta che finora è riuscito a ottenere un contratto, anche a tempo determinato, neanche il 24%. A livello nazionale ha fatto peggio solo la Campania (22,5%) rispetto al 50% ottenuto da divere regioni del Nord. Ci si è messo pure il Covid, ma la mission a cui i poveri navigator erano chiamati era fors’anche più ardua che trovare un posto di lavoro: fin dall’inizio, è stata quella “umanitaria” di provare a reinserire migliaia di persone in un circuito sociale e produttivo, ridonandogli la voglia di fare.