Scicli - Piero Guccione (Scicli, 5 maggio 1935 – Modica, 6 ottobre 2018), pittore, incisore e illustratore, è stato definito dal critico d’arte Vittorio Sgarbi il maggior pittore italiano degli ultimi cinquant’anni anni con le seguenti parole: “Dopo la morte di Fontana, Gnoli e Burri, Guccione ha rappresentato la sintesi suprema di pittura figurativa ed astratta”. Guccione ha realizzato diversi cicli pittorici sullo stesso tema, il più famoso dei quali è quello dedicato al mare. Tuttavia Guccione ha fornito un’interpretazione delle vedute marine totalmente concettuale, pur se realistico nella realizzazione, trovando nella linea che unisce il cielo e il mare un’immagine in grado di infondere tranquillità nell’osservatore e nel condurlo alla riflessione e alla meditazione per connettersi con il proprio io interiore. L’artista ha vissuto per diversi anni a Roma, ma ha sempre avuto un forte legame con la Sicilia, sua terra d’origine, dove tornerà in seguito costruendosi una casa-studio e diventando punto di riferimento per altri artisti conterranei.
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Piero Guccione nacque il 5 maggio 1935 a Scicli. La sua famiglia, composta dal padre, un sarto, dalla madre casalinga ed altri due fratelli, era di ceto piccolo borghese. Grazie alla complicità del padre, nel 1948 Guccione lasciò gli studi classici che aveva intrapreso per dedicarsi alla pittura e al disegno a tempo pieno. Frequentò in un primo periodo la scuola d’arte di Comiso, mentre in seguito fu uno studente all’istituto d’arte di Catania, dove si diplomò nel 1954. Nello stesso anno il padre venne a mancare, e poco dopo Guccione si trasferì a Roma. Si iscrisse all’Accademia delle belle arti, ma vi restò solo un mese in quanto ritenne l’esperienza non abbastanza stimolante. Nel frattempo, si era iscritto ad una scuola parastatale di cartellonistica pubblicitaria per fuori sede, che gli garantiva un sussidio economico minimo. Iniziò a lavorare in uno studio grafico di Roma, dove si cimentò nella realizzazione di cartelloni pubbicitari, caricature, oggetti di arredo, acquisendo dimestichezza con diversi mezzi espressivi, tuttavia senza mai dipingere.
Entrò presto in contatto con diverse personalità artistiche romane, frequentando assiduamente i pittori neorealisti della Galleria Il Pincio, situata in Piazza del Popolo e presentandosi da Renato Guttuso con alcuni suoi disegni nel 1955. Per circa dieci anni, dal 1958 al 1969, Guccione prese parte ad una serie di missioni paleoetnologiche nel versante libico del deserto del Sahara per rilevare pitture e graffiti preistorici. A seguito di queste attività, organizzò una mostra delle pitture rinvenute alla Columbia University di New York che divenne poi una esposizione itinerante nelle maggiori università americane. Nel frattempo, Guccione allestì la sua prima mostra personale il 23 aprile del 1960 alla Galleria Elmo a Roma, introdotto dal critico d’arte Duilio Morosini. Nel 1966 partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia e nello stesso anno divenne assistente di Renato Guttuso al’Accademia delle Belle Arti di Roma, per poi diventare titolare di cattedra fino al 1969. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, Guccione tornò spesso ad esporre alla Biennale di Venezia.
Nel 1979 tornò definitivamente nel ragusano, nei pressi di Modica e costruì una casa-studio molto rinomata tra i suoi compaesani. Nel frattempo, Guccione aveva ottenuto diversi riconoscimenti all’estero e nel 1988 gli venne dedicata una sala personale all’interno del Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Gli anni Novanta e i primi anni del 2000 furono costellati da diversi premi e onorificenze che gli furono conferite. Nel 1995 venne nominato Accademico di San Luca, nel 1999 ricevette il Premio Speciale per la Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri e nel 2004 la Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica Italiana come benemerito dell’arte e della cultura. Gli venne, inoltre, dedicato un film documentario dal titolo Piero Guccione, verso l’infinito (2011). Il documentario venne proiettato al Festival Internazionale del film di Roma e alla Biennale di Venezia. Guccione morì nella sua casa-studio il 6 ottobre 2018, all’età di 83 anni.
In riferimento alla sua arte, Guccione diceva: “Io sono un visivo. Parto da una emozione che via via si amplifica. Poi si aggiunge un lato riflessivo, per cui si aggiunge un elemento, dei contenuti particolari legati al territorio, alla società, al senso generale della vita. La base fondamentale che mi fa partire è sempre il rapporto con la visibilità, cioè su quello che il mio occhio, il mio cuore, la mia mente percepiscono della realtà”. Egli attraversò diverse fasi nella sua pittura, partendo da esordi più vicini all’impressionismo, per poi rappresentare frequentemente muri di cinta e antenne, fino ad approdare gradualmente alla cifra stilistica che lo rese unico e decisamente riconoscibile nel panorama dell’arte contemporanea italiana, ovvero i suoi celebri scorci di distese marine. Nell’intento dell’artista, queste vedute non erano da considerarsi né pitture di paesaggio, né nature morte, in quanto individuò nella linea dell’orizzonte che unisce mare e cielo l’espediente tramite cui dare vita a un’immagine universale, senza tempo, senza luogo e silenziosa, capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore connettendolo al suo io più profondo.
Non a caso, la composizione orizzontale e le diverse sfumature di azzurro, ricorrenti, infondono una sensazione di calma e facilitano il rilassamento, la meditazione, la contemplazione, per arrivare ad una completa riconciliazione con se stessi e con il mondo. La scelta del mare risiedeva nel fatto che Guccione ne ha osservato a lungo nella sua vita le onde e i movimenti, e anche quando viveva a Roma serbava in sè preziosi ricordi di infanzia legati al mare. In queste opere Guccione ha compiuto un’importante operazione di riduzione di qualsiasi riferimento spaziale, in favore di un ambiente minimalista che garantisce all’osservatore un’esperienza totalmente immersiva per lasciarsi alle spalle il mondo circostante. Del resto nel 1973 lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia, amico di Guccione, nell’ambito di una presentazione di una sua mostra a Palermo coniò il termine “platitude” per definire la sua pittura, proprio per sottolinearne la capacità di andare al di là del tempo terreno. La prima veduta marittima di Guccione è datata al 1967, dal titolo "Sulla spiaggia di Sampieri".
La particolarità di quest’opera era un’evidente influenza di Edvard Munch, artista norvegese che Guccione amava molto, al punto da recarsi in viaggio ad Oslo per seguirne le tracce. Nel 1970 realizzò il primo dipinto di questo filone, Le linee del mare e della terra. Le due opere Sul far della luna e Il grido della luna, entrambe del 2000, ne costituiscono, invece, la conclusione definitiva. Prima di giungere agli esiti di queste celebri opere marine, negli anni dei suoi esordi pittorici Guccione entrò a far parte a Roma del gruppo Il pro e il contro, formato da Ugo Attardi, Ennio Calabria, Fernando Farulli, Alberto Gianquinto, Piero Guccione, Renzo Vespignani e dai critici Antonio del Guercio, Dario Micacchi e Duilio Morosini. Tra le opere conosciute degli anni Sessanta vi è il ciclo Città riflessa, in cui propone una serie di paesaggi riflessi sulla carrozzeria di un’automobile. Tra il 1969 e 1970 dipinse, poi, un altro gruppo di opere a cui diede il titolo Attese di partire, composto da nove tele numerate dal 1 al 9. Il ciclo venne poi esposto nel 1970 a Bologna, presso la Galleria Forni.
Dopo il suo rientro in Sicilia nel 1979, Guccione divenne presto un punto di riferimento per un gruppo di artisti che prese il nome di Gruppo di Scicli, accomunati dalla passione per la pittura e la scultura. Tra il 1981 e il 1985 avviene un cambiamento nell’arte di Guccione, che abbandonò per un periodo la pittura ad olio prediligendo i disegni e i pastelli. Già nel 1981 era presente alla galleria Il Gabbiano di Roma con circa venti pastelli dedicati al soggetto della pianta di carrubo, tipico della Sicilia, rappresentato ormai morente, spunto per una serie di riflessioni intorno alla caducità della vita. Sono, inoltre, datati al 1984 circa trentatrè pastelli dal titolo Viaggio intorno a Caspar David Friedrich, con i quali Guccione desiderava omaggiare le opere dell’artista tedesco, che aveva avuto modo di ammirare a Parigi nel 1977 nell’ambito di una mostra dedicata al Romanticismo in pittura. Intorno al 1987 si dedicò ad alcuni omaggi verso i maestri della pittura, tra cui Caravaggio, Giorgione, Correggio, Leonardo, Masaccio, Michelangelo, Pontormo.
Gli anni Novanta proseguirono nel segno della continuità, per poi giungere agli anni Duemila, periodo in cui le sue opere raggiungono dimensioni imponenti, come la tela di 440 cm realizzata insieme a Franco Sarnari, Piero Roccasalva e Giuseppe Colombo per la volta della sala del teatro Garibaldi di Modica, mentre nel 2006 realizzò un’altra grande tela intitolata Il nero e l’azzurro per Palazzo Madama, la sede del Senato della Repubblica Italiana a Roma. L’opera è tuttora conservata all’interno della sala Italia. Altre opere dei primi anni Duemila sono Le pietre sui campi di Passo Cane (2002), in cui vengono rappresentati territori campi dell’estremo lembo della Sicilia orientale e Luna d’Agosto (2005). Nel 2010 realizzò due pale per il Battistero della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma, in cui raffigurò l’incontro tra Gesù e Maria Maddalena su un paesaggio marino. Una delle attività che videro spesso coinvolto l’artista furono le illustrazioni di opere letterarie per importanti case editrici italiane.
Si ricordano le illustrazioni datate al 1963 per Il rosso e il nero di Stendhal, edito da Parenti, che per altro fu uno dei suoi primi lavori artistici documentati, mentre nel 1986 elaborò quindici pastelli di accompagnamento al racconto Senso di Camillo Boito, pubblicato da Edizioni Franca May con un’introduzione di Alberto Moravia. Nello stesso anno si era dedicato anche ad una serie di pastelli, molti dei quali vennero inseriti in una raccolta di poesie di Giorgio Soavi, stampato nel 1987 dalla Grafica dei Greci. Infine, nel 2001 venne pubblicata una riedizione dei Discorsi intorno a due nuove scienze di Galileo Galilei, con una prefazione a cura di Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e dieci incisioni firmate da Guccione. Nel 2018, la figlia di Piero Guccione Paola decise di costituire a Roma un Archivio dedicato al padre, un’associazione non a scopo di lucro il cui obiettivo è promuovere la conoscenza delle opere di Piero Guccione e catalogarne l’opera completa.
Una delle attività del centro è di costruire un catalogo ragionato dei lavori dell’artista. Un’altra attività consiste nell’organizzazione di mostre ed altre iniziative dove poter esporre le opere di Guccione, la maggior parte delle quali sono parte di collezioni private. Una delle più importanti e complete mostre organizzate dall’Archivio Piero Guccione si svolse nel Museo d’arte di Mendrisio, in Svizzera, nel 2019, in sua memoria dopo la scomparsa avvenuta pochi mesi prima. Inoltre a Roma è possibile vedere l’opera Il nero e l’azzurro (2006), in quanto parte delle collezioni del Senato della Repubblica Italiana, ed è possibile vedere due sue pale d’altare con l’incontro tra Gesù e Maria Maddalena, datate al 2010, nel Battistero della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Infine, alcune sue opere grafiche sono conservate nella collezione permanente del Metropolitan Museum of Modern Art di New York.