Ragusa - Un tempo era la prima passeggiata del calendario del CAI che proprio qui aveva la propria sede, il mitico romitorio di Cava Misericordia: un "canyon" denso di storia settecentesca caratterizzato da particolarità botaniche e geologiche uniche; un'immensa ferita che squarcia il tavolato calcareo, immersa nel silenzio e ricoperta dalla fitta vegetazione, che ne fagocita ogni anfratto. Un piccolo scrigno di biodiversità: bagolari, salici, platani, pioppi e querce, melograni, fichi, noci, carrubi, mandorli, loti e agrumi, che testimoniano l’intervento umano, in passato, nella zona. Chi può resistere durante la camminata dal raccogliere asparagi (i sparici), o di assaggiare qualche "matalufo" o "a pisella servatica". Secondo la stagione, i “ciumarari” raccoglievano anche frutti spontanei di alberi e arbusti ai margini degli antichi percorsi: ranata (melograni), murtida (mirto), ficu (fichi), ficupali (fichi d’India) e noci. Lungo i versanti di Cava Misericordi sono presenti diverse cavità carsiche, mentre lungo il fondo valle scaturiscano alcune delle più importanti sorgenti del territorio ibleo.
Si parte dalla sbarra di ferro verde che contrassegna l'inizio della zona di pertinenza della forestale, un paio di km sotto il bivio che dal km 7.3 della Ragusa-Chiaramonte scende verso est: una volta superata a piedi, si trova un sentiero contrassegnato dalla cartellonistica e dai simboli di "sentieri Italia". Da lì parte la seducente "scalazza" che costeggia il torrente. Discesa l’antica scalinata scavata negli strati calcarei, e raggiunto il fondovalle in corrispondenza della sorgente dell’Oro, si risale la cava percorrendo un terrazzo sul versante in sinistra, per circa 350 m, fino a raggiungere il Gorgo di Pieri o delle Pieridi, meglio noto nel dialetto locale come “l’urvu ri Pieri”; trattasi quest’ultimo di una profonda Marmitta dei Giganti. Poco sopra lo spiazzale del romitorio vi è il sentiero che porta all'imbocco della grotta del gigante, un cunicolo che si allarga fino a mostrare una roccia che, per le sue caratteristiche morfologiche, somiglia a un volto dalla lunga barba. La grotta ha un andamento orizzontale dallo sviluppo di circa 80 metri e si trova in prossimità di un albero di bagolaro.
Dalla Grotta, che si trova poco distante dal romitorio, si percorre un sentiero che conduce, dopo circa 600 m sul fondovalle, si risale poi, in prossimità dei ruderi di un vecchio mulino, fino a raggiungere la strada sterrata forestale che costeggia il fondovalle in destra idrografica. Lungo quest’ultima, che si percorrerà per circa 2,3 Km. fino a raggiungere la località denominata Ciaramite, nel corso medio-basso della cava, sarà possibile osservare altri antichi mulini, alcuni dei quali ristrutturati dall’Azienda Forestale. Ciaramite è il nome del torrente che attraversa quella che, adesso, è diventata cava Celone e che ospita uno dei più grandi cimiteri ipogeici della provincia, risalente al periodo bizantino, con ben tremila tombe in parte terragne ed in parte scavate nella roccia. Un ipogeo archeologicamente interessante e, data la sua ubicazione, irresistibilmente bello perché immerso nel paesaggio tipico delle “cave” iblee. Si tratta di uno dei più grandi complessi di età Tardo-Romano-Bizantina, 1.500 mq circa, che comprende 3 vasti ipogei e molti altri di dimensioni minori; le catacombe, scavate nella roccia, sono organizzate a corridoio con sepolture e loculi nelle pareti.
La necropoli si data tra il IV-VI sec. d.C. Secondo gli archeologi il complesso sarebbe stato utilizzato dalle popolazioni locali in varie epoche, dalla preistoria al Medioevo. Proseguendo la passeggiata, sempre seguendo il sentiero battuto, si giunge a un punto panoramico, da cui sarà possibile osservare un ampio scorcio della vallata San Leonardo. Incontrerete moltissime cascate, il cui fragore è rilassante e vi accompagna nella piacevole passeggiata. Da questo punto, risalendo per le antiche scale della Filanda, per un certo tratto addossate ad antiche mura della città, si raggiunge infine Ragusa Ibla. Le testimonianze dell'uomo, qui presenti, risalgono agli albori della storia. Nel panorama balzano all'occhio il fitto intreccio di muri a secco e le mulattiere, dette anche "Regie Trazzere", che sfidano l'orografia del suolo, scendono decise verso i mulini, dove in passato i massari dell'altopiano accorrevano per macinare il proprio frumento e, a volte, per rifornirsi di verdura durante la lunga stagione siccitosa: mulini oggi in stato di completo abbandono. Gli escursionisti di “Walking in Nature” ci sono stati in questi giorni: ecco, di seguito, il loro video-reportage.