Torino - «Sapere che questo dono ci è arrivato da un bimbo molto piccolo ci ha scosso profondamente. E' stato un regalo bellissimo, inatteso, e ora sono tanto felice per la mia Matilde. Ma il mio primo pensiero è andato a una mamma che non può dire altrettanto e a un piccino che non c'è più». Dice di essere ancora un pò «spiazzata» dal rapido sviluppo degli eventi la signora Giulia, 38 anni, operatrice socio-sanitaria, madre di una bambina di 8 mesi salvata dai medici dell’ospedale Molinette di Torino con un trapianto di fegato proveniente da un bimbo deceduto a soli 5 mesi. E’ stata una corsa contro il tempo. Bisognava fare in fretta, ma di organi adatti non c'è n'erano e allora si era fatto avanti Ignazio, il padre: «Procedete con me». Quando mancavano 72 ore all’ingresso in sala operatoria è arrivata la segnalazione del Centro nazionale trapianti: un piccolino era morto in un’altra regione italiana per una patologia congenita encefalica, la donazione degli organi era stata autorizzata e il fegato era disponibile. Matilde è stata operata e trasferita nel reparto di gastroenterologia dell’ospedale infantile Regina Margherita per un periodo di riabilitazione. Sta bene e tra qualche giorno potrà tornare a casa.
Non è stato un intervento di routine. Renato Romagnoli, direttore del Dipartimento trapianti delle Molinette, ha accettato la proposta del Centro perché la situazione era delicatissima. Il donatore era davvero piccino, ma la piccola paziente non era in condizione di aspettare ancora. Inoltre, procedendo in questo modo, sarebbe stato possibile evitare al papà l’asportazione della parte sinistra del proprio fegato. L’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi, rivolge "un grande applauso ai nostri professionisti ed ai genitori del piccolo donatore che, con un grande gesto, hanno permesso di salvare la vita della bimba». Il fegato di Matilde faceva i capricci per via di una malformazione, l’atresia delle vie biliari, che provocava un accumulo di bile. Lo scorso luglio, quando aveva solo 2 mesi, la bimba fu sottoposta a una operazione riparativa, la porto-entero-anastomosi, chiamata anche intervento chirurgico di Kasai. «Purtroppo, come accade in circa un terzo dei casi di questo genere, si erano prodotte delle conseguenze sfavorevoli», spiegano dalla Città della Salute: il flusso della bile verso l'intestino non era ripreso e il fegato era scivolato nella cirrosi epatica con «sviluppo di versamento di liquido ascitico in addome e di stato di ittero severo».
A novembre si è resa necessaria l’iscrizione nella lista nazionale pediatrica dei trapianti, ma per sei settimane la ricerca di un donatore deceduto compatibile non ha dato esito. Poi è arrivata la segnalazione. Alle Molinette il prelievo del fegato del piccolissimo donatore è stato eseguito da Paolo Strignano. L’intervento sulla piccina (il numero 4.200 nella storia del Centro torinese) è stato svolto da Romagnoli e dalla sua équipe, coadiuvata da Angelo Panio e dai colleghi di Anestesia e Rianimazione 2. L'operazione è durata 11 ore.