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Calaforno, equidi salvati dal rumore mediatico: la proposta della Brambilla

La politica animalista suggerisce a Schifani di usare per la pet therapy asini e cavalli graziati in extremis, a 48 ore dall'asta

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/18-10-2022/calaforno-equidi-salvati-dal-rumore-mediatico-la-proposta-della-brambilla-500.jpg Calaforno, equidi salvati dal rumore mediatico: la proposta della Brambilla


 Monterosso Almo - Scampati all'incendio dell'estate 2021 nel parco di Calaforno grazie a due cittadini che aprirono i cancelli durante il rogo, costato la vita a diversi altri animali - soprattutto volatili – intrappolati nei recinti: 25 tra asini e cavalli rischiavano fino a ieri di finire al macello, ma dove non ha potuto la Lav è riuscito il megafono di Striscia la notizia: l’asta pubblica che era in programma domani, mercoledì 19 ottobre, è stata annullata a 48 ore dall’apertura. Erano due i lotti in palio: 19 cavalli, di cui solo 3 non Dpa, ossia destinati alla produzione di alimenti a uso umano; e 6 asini, di cui uno destinato a finire insaccato. Ora bisognerà capire che farne di questi equidi che, pure, costituiscono un'attrattiva: poterli vedere in natura, nell'Azienda pilota per l'allevamento dell'asino ragusano di Carcallè, aggiunge alla bellezza una valenza educativa per i bambini e non solo.

Il problema era che i cavalli non sono asini, e che pure gli asini in questione non sono “ragusani”, cioè della specie autoctona che si vorrebbe salvaguardare: perché doverli mantenere a caro prezzo, lamentavano le istituzioni, quando non corrispondono alla finalità della missione che devono svolgere? Un costo inutile per un ente, la Regione, che tutto è tranne che benefico. Il Dipartimento per lo Sviluppo rurale e territoriale aveva provato a lavarsene le mani, ma solo riguardo ciò che sarebbe accaduto dopo la vendita. Per settimane ha sostenuto che era prassi “alienarli” perché, dopo anni, s’era accorto all’improvviso che potevano mischiarsi con la razza “pura”, contaminandola accoppiandosi.

Quel che ne sarebbe stato dopo, non era affar loro. In realtà, come si è visto, volere è potere: sia il neo governatore siciliano Renato Schifani che il Dipartimento possono in qualsiasi momento stoppare l’asta e cambiare destinazione d’uso degli animali. D’altra parte, però, va detto che non si capiva bene nemmeno l’ostinazione della Lav – di fatto l’unica associazione animalista a incaponirsi sulla loro salvezza - quando ogni giorno in Sicilia vengono abbattuti centinaia di capi di bestiame, legalmente destinati al consumo. Tra l’altro, che c’entra la vivisezione - che dovrebbe essere la sua ragione sociale - con tutto questo? Una battaglia più di principio che di sostanza, portata avanti a livello emotivo in virtù delle pene patite in passato da queste povere bestie, ormai abituate a stare all’aria aperta e non in una stalla.

Anche sterilizzate, come proposto dalla Lav per lasciarle in pace dove sono, tocca comunque nutrirle e curarle. «Gli animali in sovrannumero vengono alienati in qualsiasi parte del mondo - si era difeso il Dipartimento -. Il mantenimento di un allevamento è già diseconomico per un qualsiasi ente pubblico, con animali sterilizzati determina sovraffollamento e costi crescenti per l'erario». E quanto costerà mai mantenere in vita una ventina di bestie, con tutti i soldi che vengono sperperati! Il fatto è che quando ci sono di mezzo gli animali - che siano gattini tenuti in condizioni di privazione o agnellini da arrostire a Pasqua - parte dell’opinione pubblica, si sa, s’intenerisce diventando terreno fertile da cavalcare per tanti quotidiani a caccia di comodi clic.

Così l’affaire Calaforno è solertemente rimbalzato sulle cronache nazionali, anche a Nord dove di asini ragusani forse sanno poco, trovando una sponda trasversale su giornali di sinistra e di destra. Dopo Il Fatto anche Il Giornale ha dedicato un articolo alla querelle interpellando la pasionaria di casa sua, Vittoria Michela Brambilla: «Sono certa che Schifani, di cui ben conosco la sensibilità, sta già considerando di annullare l'asta e adottare soluzioni alternative» aveva dichiarato un paio di giorni fa la deputata del collegio di Gela-Caltanissetta. L’impressione era che a Palazzo d’Orleans avessero altre incombenze a cui pensare, ma l’interessamento da ultimo del tg satirico di Canale 5 deve aver definitivamente convinto i burocrati al dietrofront, che era comunque nell’aria dato il tramestio mediatico prodotto dalla vicenda.

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Se non si fosse fatto vivo qualche “bene-fattore” dell’ultimora, interessato per spirito di misericordia a lasciarli allo stato brado nei suoi campi, asini e cavalli sarebbero certamente finiti tra le briglie di commercianti e allevatori della filiera alimentare, che fanno business e non politica. In un caso o nell’altro, sarebbero comunque rimasti interdetti alla pubblica fruizione. Lo stop all’asta è stato deciso nelle more “che nel più breve tempo possibile, si trovi una soluzione alternativa alla cessione”, si legge nella determina. Proprio Brambilla ha lanciato in extremis l'alternativa: «La Regione, con un nuovo bando, potrebbe cederli a organizzazioni impegnate in programmi di pet therapy». Detta anche zooterapia, si affianca ai trattamenti tradizionali e agli interventi sociosanitari già in corso, utilizzando animali da affezione per la cura di specifiche malattie e di problemi del comportamento. È una buona idea.


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