Città del Vaticano - Extra Omnes, fuori tutti, il Conclave si attrezza per la cybersicurezza. E così oltre a chiudere a chiave i cardinali, come accade dal 1270, per assicurare un’elezione libera, si scherma ogni possibile varco di accesso. Nei giorni scorsi, tecnici al lavoro in Vaticano hanno tentato di prevedere ogni eventuale vulnerabilità e di prendere provvedimenti. Sono stati installati disturbatori di frequenze per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere: i cosiddetti Jammer. E sono state montate speciali pellicole anti droni e anti laser spia alle finestre. Le bonifiche ambientali contro eventuali microspie si sono accompagnate alle consuete verifiche. E ora gli esperti vaticani assicurano che la Cappella Sistina diventerà un vero e proprio bunker digitale. Verranno ritirati — prima dell’ingresso — cellulari, computer portatili, iPad e qualsiasi altro dispositivo digitale in grado di comunicare con l’esterno.
La gendarmeria vaticana ha anche predisposto un piano sicurezza informatica. I server hanno trovato spazio nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Tutte le comunicazioni tra i vari dicasteri sono criptate. E canali riservati di un nuovo sistema radio criptato vengono messi a disposizione in caso di operazioni sensibili o di gestione di eventi ad alto rischio. Ma come dicono gli informatici l’unico sistema sicuro è quello a cui non si può accedere. Lo sa bene il Vaticano che negli ultimi anni ha subito vari attacchi hacker. Inquietanti quelli che si verificarono nel 2022 e nel 2024 al sito web Vatican.va proprio in coincidenza ai duri attacchi di papa Francesco contro la guerra in Ucraina e durante la visita della first lady di Kiev Olena Zelenska. Gli hacker rivendicarono l’attacco, motivandolo proprio come azione contro la Chiesa, facendo intravedere lo zampino della Russia. Da allora molto è cambiato. Ma, secondo quanto ricostruito dal quotidiano Il Tempo, nel 2024 oltre il 90% dei siti web vaticani risultava «non sicuro» senza protocollo https. La Santa Sede sarebbe stata costretta a rivolgersi a società esterne. Fra queste la britannica Cip. Ma anche l’israeliana Radure. Anche l’Italia è stata chiamata a dare il proprio contributo con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Garantirà uno scambio di informazioni e risposte immediate in caso di eventuali attacchi.