Attualità L'intervista

Covid, Mantovani: «Nuova cura e nuova ipotesi sulle trombosi Astrazeneca»

Il celebre immunologo: «Il sogno è una pillola anti virus come per l’Hiv, e sugli effetti collaterali…»

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 Milano - «I casi gravi di trombosi osservati in relazione al vaccino potrebbero essere forse causati, secondo una recente pubblicazione, dalla formazione di autoanticorpi, come succede, in rarissimi casi, durante trattamenti con eparina: una condizione definita Vipt (Vaccine induced prothrombotic immune thrombocytopenia). Se confermata, l’osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi. Per ora l’analisi condotta da Ema sul vaccino Oxford AstraZeneca ha rassicurato sul fatto che non causi un aumento della frequenza di tromboembolia, aspettiamo ulteriori analisi. In Gran Bretagna non si è osservato un eccesso di eventi tromboembolici nei 20 milioni di persone vaccinate con AstraZeneca rispetto ai vaccinati con BioNTech Pfizer e rispetto a quanto normalmente atteso. In Humanitas abbiamo vaccinato oltre 22 mila persone senza problemi inattesi. Aspettiamo altri dati, ma tre giovani donne della mia famiglia si sono vaccinate con AstraZeneca e io sono tranquillo». Intervistato dal Corriere della sera Alberto Mantovani, immunologo di fama mondiale e direttore scientifico dell'Istituto Humanitas di Milano, avanza così una nuova ipotesi per spiegare i rari casi di trombosi messi in relazione ad AstraZeneca.

In Sicilia si registra in queste ore un altro caso sospetto legato alla somministrazione del vaccino anglosvedese, su cui è stata aperta una nuova inchiesta: un avvocato  45enne ricoverato in gravissime condizioni al Policlinico di Messina per emorragia cerebrale. Sottoposto al siero nelle scorse settimane, l’uomo ha cominciato ad accusare forti mal di testa dopo pochi giorni e a Pasqua le sue condizioni di salute sono precipitate. Mantovani si unisce però alla comunità scientifica che rassicura sui benefici di Astrazeneca, di gran lunga maggiori rispetto ai rischi, e lancia una speranza anche per quanto riguarda le cure contro il Coronavirus: «Ci sono stati purtroppo diversi insuccessi - ammette -, per esempio vecchi antivirali, ivermectina, colchicina, la combinazione azitromicina-idrossiclorochina non hanno retto alle verifiche di sperimentazioni rigorose sebbene avessero dato speranze in studi osservazionali limitati a poche decine o centinaia di soggetti. Ma le ipotesi vanno poi verificate in studi prospettici rigorosi, altrimenti si rischia di dare tossicità ai pazienti».

Ad esempio, anche «i cortisonici si sono dimostrati attivi su pazienti con insufficienza respiratoria, mentre in altre condizioni i dati suggeriscono che possa addirittura essere nocivo». Tuttavia, «ci sono dati interessanti per strategie che mirano a inibire molecole come le interleukine 6 e 8 e l’enzima Jak che giocano un ruolo importante nei gravi fenomeni infiammatori che si verificano in corso di Covid. Aspettiamo i risultati di sperimentazioni rigorose in proposito. Per gli anticorpi monoclonali la situazione è in divenire, ma le combinazioni di monoclonali sono già più di una promessa. Il sogno che tutti abbiamo è di disporre di una pillola come quelle per il virus Hiv, che riesca a tenere sotto controllo l’infezione, e ci sono composti in fase 2 di sperimentazione che ci danno motivi di speranza in questo senso. Se le cose andranno bene, per la fine dell’anno forse potremo avere un armamentario di strumenti studiati in protocolli seri fra i quali scegliere in base sia al paziente sia alla fase dell’infezione».


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