Ragusa - Nelle ultime settimane le grandi nazioni, paragonabili alla nostra per dimensioni e quantità di vaccini ricevuti, hanno visto diminuire i caduti sul fronte Covid molto più rapidamente mentre noi segniamo ancora centinaia di vittime al giorno. Germania, Francia, Regno Unito e Spagna sono riusciti a rallentare la corsa dei contagi, e dei morti: più il virus circola - in Italia come all’estero, soprattutto nei paesi sottosviluppati che non riescono ad accedere neanche alle cure base – più si replica in varianti (l’ultima isolata è una giapponese) e tra tante mutazioni prima o poi può spuntare quella che rimette in discussione ogni siero e terapia farmacologica fin qui provata e approvata. Lo mette in luce un'inchiesta scritta a 12 mani sull'Espresso e pubblicata in questi giorni, che addossa la colpa del flop italiano a due fattori: la disorganizzazione nelle norme nazionali, riverberatasi a livello territoriale generando abusi e confusione; e il federalismo sanitario, colpevole di lasciare troppo margine d’intervento alle regioni perfino in emergenze planetarie, che è semplicemente ridicolo affrontare a livello territoriale senza una regia.
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Ci sono i numeri, riportati nei grafici in foto: a inizio febbraio Spagna e Germania contavano più di 9 morti per milione di abitanti, l’Italia era sotto quota 7, appena davanti alla Francia. Due mesi dopo Spagna e Italia sono calati intorno a 5, mentre la Germania – che non a caso insieme alla Gran Bretagna ha praticato il lockdown più duro e lungo - è scesa fino riuscita a piegare la curva fino a meno di 2 decessi per milione di abitanti. Perché servono entrambe: chiusure e vaccinazione diffusa. Secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) già a metà febbraio Berlino e Parigi avevano garantito la prima dose al 20% degli over 80, mentre la penisola non superava ancora il 6% e aveva ancora gran parte della “prima linea” sanitaria da vaccinare. Per non parlare dei risultati raggiunti da Londra o, fuori dal continente, da Usa e Israele. Certo, noi scontiamo anche il fatto di non produrre i vaccini sul nostro territorio. Ma se nella fase 1 del contenimento, un anno fa, siamo stati d’esempio adesso, nella fase 2 dell’immunizzazione di massa, dobbiamo imparare dagli altri a proteggere meglio gli anziani con i vaccini e, soprattutto, ovunque allo stesso modo: dalle città metropolitane alle aree rurali, senza lasciare l’iniziativa e la responsabilità della campagna alle autonomie locali.