Sambuca di Sicilia, Agrigento - Un po’ Checco Zalone alla ricerca del posto fisso in “Quo Vado”, un po’ Paolo Villaggio in “Io speriamo che me la cavo”. Con una spolverata del Tom Hanks di “Cast Away”, ma solo per la destinazione isolana e parecchio isolata (soprattutto in inverno) che da qualche settimana è diventata la sua nuova casa. Peccato che la storia di Vito Bilello, 32 anni, laureato a pieni voti in Biotecnologie all’università di Pavia nel 2019, a cui è seguito un master in Bioinformatica e un contratto da ricercatore, almeno per ora, non sia un film, bensì la fotografia di una realtà, quella del sistema scuola (e forse del Paese), in cui qualcosa è andato storto, un cortocircuito dove si è “costretti” a percorrere 1.398 chilometri per avere un posto di lavoro e uno stipendio, in questo caso pure bassino.
Altrimenti sarebbe difficile spiegare come un aspirante professore di matematica, fisica e scienze, oggi residente a Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, si sia dovuto trasferire sull’isola di Capraia, uno scoglio più vicino alla Corsica che all’Italia, distante 37 miglia marine, per inseguire il sogno di insegnare. La cattedra che gli è stata affidata fino a giugno consta di «undici ore a settimana» in una multiclasse della scuola secondaria, alla quale sono iscritti quattro ragazzini tra gli undici e i tredici anni. Il motivo di una scelta tanto coraggiosa quanto difficile, lo svela direttamente il professor Bilello: «Con i dodici punti che conquisterò attraverso questa supplenza non perderò posizioni in graduatoria. E nel frattempo sto studiando, il prossimo anno – va avanti – mi iscriverò al Tfa, il corso di specializzazione per diventare insegnante di sostegno, anche se ha un costo elevato: circa 4.000 euro. Una cosa è certa: non lo faccio per soldi visto che lo stipendio è tra i 1.000 e i 1.100 euro». E dunque tolto l’affitto (350 euro), le bollette e il cibo, resterà nulla o quasi nelle tasche del trentaduenne.
Tutto comincia a fine ottobre, quando per l’ennesima volta viene aperta la posizione di supplente all’isola di Capraia per l’intero anno scolastico. A fare l’interpello, la chiamata alla cattedra, la direzione delle scuole Micali che hanno sede a Livorno e di cui Capraia è la succursale. Bilello ha i titoli e fa domanda: «Con lui spiegano dalla scuola fanno richiesta altri tre colleghi che tra l’altro – ricordano – avevano un punteggio maggiore rispetto al suo». Fatto sta che tutti i pretendenti rinunciano, anche perché trasferirsi a Capraia significa davvero cambiare vita: prendere una casa in affitto, lasciare gli affetti e sperare che la nave arrivi (e riparta) quando si è deciso di tornare sulla terraferma. Vito, al contrario, accetta il posto e la sfida di spostarsi dalla Sicilia al Comune più piccolo della Toscana (374 residenti). «Dico la verità – ammette – prima di accettare l’incarico sono andato su Internet e ho cercato Capraia perché non sapevo dove fosse. Poi gli anni dell’università, del dottorato e un certo spirito di adattamento hanno fatto il resto». Nonostante questo, sull’isola in tanti, anche dopo aver visto che la supplenza era stata accettata, dubitavano che il professore arrivasse. «Fino a che non lo vediamo scendere dalla nave non ci crediamo», raccontavano fino al giorno precedente.
Invece Bilello, a fine ottobre, ha preso davvero possesso della cattedra. Ma per l’ex ricercatore già il primo viaggio è stato una specie di odissea. «Intanto – ricorda – l’avviso è uscito di venerdì: avevo 24 ore per accettare e due giorni per raggiungere la destinazione. La prima persona a cui l’ho detto? La mia mamma, spiegando che pensavo di accettare per fare un’esperienza nuova e uscire dalla mia comfort zone». Il resto è stata una corsa contro il tempo. «La seconda persona alla quale l’ho detto è stata la mia fidanzata che dopo un momento di tristezza ha capito la mia scelta. Poi ai miei amici. Su Internet ho cercato e trovato un casa in affitto a Capraia, ho fatto i biglietti, le valigie e sono partito». L’itinerario – almeno sulla carta – era abbastanza semplice: da Sambuca di Sicilia a Palermo in auto, volo per Pisa, treno con destinazione Livorno, qualche ora di sonno e al mattino seguente il traghetto per Capraia. «Peccato che ci fosse maltempo – ricorda il docente –. L’aereo è partito in ritardo e sono atterrato a Pisa a mezzanotte e mezzo. Ero a Livorno due ore dopo e alle 8,30 sono salito sulla nave dove ho pure sofferto il mal di mare».
Per fortuna l’accoglienza sull’isola è stato un piacevole contrappasso: «I colleghi mi hanno aspettato alla nave per salutarmi. La cosa che mi ha colpito subito è senza dubbio la bellezza di Capraia. Con gli alunni mi sono trovato subito bene. È una multiclasse all’interno della quale ci sono età diverse, ma come generazione mi sento molto vicino a loro. Abbiamo passioni simili: tecnologia, videogiochi, social. Capisco il loro linguaggio». Vito sa bene che da qui a giugno, oltre alla scuola, il suo impegno maggiore sarà riempire le giornate: «Molto tempo lo passo a preparare la lezione del giorno dopo. Stiamo imparando a fare le presentazioni con Canva e fare ricerche in autonomia, per il resto studio». Per fare squadra la coordinatrice del plesso il mercoledì organizza una cena con tutti gli insegnanti. «Si respira un bel clima», ammette Vito. «Mi hanno già detto che adesso qui chiuderanno quasi tutte le attività, ma la cosa non mi spaventa», aggiunge.
Per spiegare e capire la passione di Bilello per l’insegnamento è necessario raccontare la storia dei suoi genitori. «Entrambi sono docenti, io sono nato a Cento perché mamma e papà si erano trasferiti in Emilia per avere una cattedra». Probabilmente è guardando loro che è nata la sua vocazione: «L’insegnamento mi piace perché ti permette di stare a contatto con i ragazzi, sei aggiornato e mentalmente attivo. E poi ti lascia del tempo libero per avere una vita sana». Se chiedi a Vito cosa gli manca di più, risponde semplicemente: «La mia fidanzata, la famiglia e miei amici. Qui mancano le persone con le quali posso confidarmi. Tornerò da loro a Natale, Pasqua e ovviamente in estate». Poi riflettendo sul suo trasferimento dice: «Purtroppo la scuola è un sistema complicato. E in alcune regioni, come la Sicilia, partendo da zero è praticamente impossibile entrare. Altrove c’è qualche speranza in più. Ma ti devi muovere, purtroppo è la normalità ed è difficile dirlo e accettarlo». Proprio come una cattedra a 1.398 chilometri da casa.