Palermo - "Non solo penso che l'avvocato Razza possa tornare a fare l'assessore, ma lo spero, solo che bisogna convincerlo: nessuno in Sicilia mi pare abbia mai avuto il coraggio di rassegnare le dimissioni da una carica istituzionale, dopo essere stato raggiunto da un avviso di garanzia per un reato non associativo. Se fosse così, il 50% della classe dirigente italiana dovrebbe lasciare subito le istituzioni”. Che non sarebbe una cattiva idea. Nello Musumeci tiene per sé l’assessorato che era del suo pupillo, perché vuole riconsegnarglielo ora che il Covid non fa più paura e l’inchiesta sui dati Covid taroccati, fortemente ridimensionata, sembra già lontana. “Spero di convincerlo - dice il governatore - e di fargli capire che la Sicilia ha bisogno di persone perbene e competenti come lui". L’uscita di Musumeci ha aperto le braccia a Razza dopo le “scuse” di Ruggero Razza arrivate ieri a quasi due mesi dai fatti.
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“Non ho avuto occasione, per la mia immediata decisione di dimettermi, di scusarmi - le sue prime parole -: lo faccio adesso per la velocità con cui mi sono espresso nell’utilizzare il termine ‘spalmare’ riferendomi ai dati di più giorni dei deceduti. Una frase infelice”. Tutto qui. “Il senso ovviamente - continua - era quello di considerare prevalente l’effettiva ripartizione del dato sull’indicazione del bollettino giornaliero”. In sostanza, morti e contagi non sono stati né aumentati né diminuiti ma solo meglio “distribuiti” perché, non si sa come, se n’erano accumulati parecchi non comunicati da diluire nei bollettini. In verità ci sono state molte altre frasi, imputabili però soprattutto ai sottoposti, tra l’altro tornati subito a piede libero. Prima o poi la bolla sarebbe esplosa ed è impossibile - oltre che fuori capo d’accusa - calcolare se e quanto danno abbiano provocato ai siciliani 5 mesi ininterrotti di dilazione dei numeri.
Per il 41enne penalista catanese, comunque, è stata tutta “una costruzione mediatica” su un episodio equiparabile a quanto avvenuto banalmente “qualche giorno fa in Corte d’Appello a Catania: conclusa la requisitoria del procuratore generale - racconta -, il presidente di turno ha invitato gli avvocati difensori a ‘spalmare’ le arringhe su più udienze perché erano troppi”. I pm di Trapani avrebbero quindi indagato su un’espressione, su un modo di dire, domestico e colloquiale; non su un depistaggio sistematico del reale andamento dell’epidemia sull’Isola. Fatto sta che dal 30 marzo scorso la vita di Razza “è cambiata profondamente”, ma "il presidente della Regione mi è stato vicino, come si fa con una persona che conosci da ragazzino. Ho sofferto nel leggere una ricostruzione che ipotizzava il tradimento della sua fiducia. Ovviamente è stato facile confutare questa percezione, negli atti che abbiamo depositato".