Ragusa – Da un pezzo il Covid non è più l’apertura dei tg serali. E neanche dei giornali e dei siti. Non c’è regione che rischi il giallo e la stretta di green pass e terze dosi di vaccino, unite all’antinfluenzale, dovrebbe rappresentare davvero la stretta finale all’epidemia e all’epoca del Coronavirus. A meno che non salti fuori una variante eccezionale e più potente di tutte le altre mutazioni in cui si è fin qui modificato il virus, ora si tratta di mettere a frutto ciò che abbiamo imparato, ovvero due cose. Da una parte quanto sia ridotto male il nostro servizio sanitario pubblico, e come senza la sanità cadano uno ad uno come birilli tutti gli altri comparti sociali. La salute innanzitutto, si diceva una volta. La crisi non l'ha creata tanto il virus quanto la povertà degli ospedali italiani, scarsi di posti letto e personale, e di un welfare affidato al volontariato e al reddito di cittadinanza. Questi hanno ucciso più dell’infezione.
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E qui veniamo al secondo dramma venuto a galla con l’emergenza: la totale assenza di tutele per tantissimi lavoratori, che rischiano di ritrovarsi a casa da un giorno all’altro, senza guadagnare più un centesimo dal mese successivo. I “ristori” sono terminati, perché già a inizio luglio si credeva che l’incubo fosse finito. Ricordate? Si pensava finalmente di iniziare la dismissione e riconversione dei reparti Covid in quello che erano prima della pandemia: reparti dedicati alla cura di altre e più letali patologie, dal cancro e alla loro prevenzione. E torniamo alla salute.
Si è parlato più volte, in estate, di campagna vaccinale direttamente in azienda o in fabbrica: nell’ottica di una convivenza annuale con i richiami vaccinali, sarebbe utile delegare a terzi il prosieguo della campagna; così da per accelerare non le dimissioni di personale e attrezzature aggiuntive acquistate durante l’emergenza, ma la loro riorganizzazione al servizio delle malattie fin qui trascurate, che rischiano di diventare la nuova lenta “epidemia” post Covid. E anche questa avrà il suo bel costo sulle tasche dei contribuenti. Le Asp devono tenersi strette hub e professionalità acquisite nell’allarme, tramutandoli in ambulatori e presidi sanitari permanenti, così da cominciare finalmente a recuperare l’enorme arretrato di migliaia di visite e analisi rimaste indietro.