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Malati non Covid dimessi e rifiutati: siamo in piena doppia epidemia

I pazienti "sgomberati" e il rischio di focolai in corsia, la scuola e il lavoro in crisi

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 Ragusa - Ventimila dipendenti del servizio sanitario nazionale contagiati in tutta Italia e uno su 10 è in Sicilia: mai nessuna variante come Omicron era stata così rapida nel diffondersi. I più guariscono senza grossi strascichi ma nel frattempo fra quarantene, isolamento e malattia, rischia di bloccare interi settori, ospedali inclusi, dove gli operatori sanitari – a differenza dei 634 nuovi posti letto allestiti nell’Isola – sono sempre gli stessi. Medici e infermieri - costretti a sobbarcarsi turni infiniti e saltare giornate di riposo - non bastano e non c’è un piano per rimpinguarne le fila. Le Asp stanno richiamando neolaureati e pensionati dalle graduatorie, ma molti danno forfait: tanti anziani ancora in forma fanno già da tempo i volontari, e per i giovani entrati nelle scuole di specializzazione il doppio incarico è incompatibile.

Nei reparti si lavora col fiato sospeso: non tutto l'organico è sottoposto a screening settimanale se non è sintomatico e non esistono linee guida comuni per i test nei reparti. Nella maggior parte dei casi, viene sottoposto a tampone solo in caso di contatti stretti con positivi, col 60% di rischio che col test rapido l'Omicron sfugga ai reagenti. E se c’è un contagiato convivente - ordina una delle varie circolari ministeriali inviate in fretta e furia nelle ultime ore - un risultato negativo basta per tornare in servizio. Del resto, pur volendo, in questo momento il sistema non reggerebbe a un aumento di controlli e test da processar e, quindi, è rimesso tutto alla discrezione dei dirigenti.

L’assessore alla Salute Razza ha ordinato che i ricoverati non positivi – tra cui fratturati, pazienti cardiologici e chirurgici - vengano dimessi o trasferiti in cliniche e rsa private. Operazione costosissima per le casse pubbliche, molto più cara delle mancate assunzioni di personale. Tutto per alleggerire la pressione ospedaliera oramai prossima alle soglie critiche della zona arancione: il tasso di occupazione in reparti ordinari e rianimazioni è al 28 e 16% contro i rispettivi tetti del 30 e 20%. E' la doppia pandemia: non quella mischiata all'influenza stagionale, tornata a comparire e che sta mettendo il carico sui ricoveri, ma quella dei pazienti non Covid rimasti da due anni in sala d'aspetto con un arretrato pazzesco di analisi, visite, interventi rimandati o disdetti che non si sa se e quando le strutture sanitarie riusciranno mai a smaltire. Il virus ucciderà anche loro: stiamo entrando nella seconda epidemia, parallela, di decessi indiretti, dovuti al colpo di grazia a un sistema sanitario “malato” da molto prima dell’emergenza.

Ma è in affanno tutto il mondo del lavoro, con assenze importanti in ogni comparto, dalla grande distribuzione, ai vigili del fuoco, ai trasporti locali e regionali. S’è perso il conto tra lavoratori ancora no vax - da oggi ufficialmente fuorilegge - e quelli vaccinati ma positivi a casa, in attesa di un tampone che si negativizzi o che un operatore li raggiunga per il test. Arranca la scuola, che prende tempo censendo online vaccinati e positivi tra insegnanti e alunni, recuperando mascherine Ffp2 per tutti e spingendo sulla campagna vaccinale studentesca (ancora meno del 10% di bambini siciliani immunizzati). La zona arancione è vista ormai come un’ancora di salvezza: anche se non imporrà maggiori restrizioni, consentirà almeno di attivare la Dad senza rotture con Roma. La situazione sta sfuggendo di mano anche al grande Draghi, forse un po' troppo preoccupato di assicurare i mercati e non dare all’estero l’immagine reale di un Paese che torna a chiudere.


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