Mascalucia, Ct - "Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo". È il verso che chiude La città vecchia di Fabrizio De Andrè. Il messaggio laico e anti borghese ripetuto del cantautore in tante altre canzoni, dal Pescatore al Testamento di Tito, s'incrocia con la fede cristiana e religiosa del vescovo di Catania. "Alla mamma di Elena vorrei dire solo: fatti aiutare, perché è quello che vorrebbe la tua bambina". È la seconda volta da inizio giugno che monsignor Luigi Renna difende una donna dal facile giustizialismo da social e dall’accanimento mediatico, chiedendo “rispetto del dolore e silenzio”.
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Dopo le parole di affetto e sollecitudine rivolte alla giovane che due settimane fa aveva abbandonato il neonato in strada, nel capoluogo etneo, ora è la volta di Martina Patti (foto): certo, a differenza dell’altra madre, s’è macchiata del più infame dei reati, ma che – a sua volta – è al tempo stesso anche lei “vittima di questo mondo”, del contesto e della realtà che l’ha circondata soffocandole giorno dopo giorno la mente, condannando quel resterà della sua vita a una espiazione, giuridica e umana, che terminerà solo con l’ultimo dei giorni.
Renna invoca "misericordia per Martina, madre sola e stressata". “Quando si consuma una tragedia tutti dobbiamo chiederci quale è il suo punto di inizio, cosa è mancato alla persona e alla società in cui la persona vive” ha detto ieri, guardando oltre Mascalucia, dove si è recato in preghiera. “Dove era Dio quel pomeriggio? Era con Elena e soffriva con lei". La morale è perfino scontata: “La vendetta non riporta in vita, i sentimenti pur comprensibili di rabbia e di astio, non daranno pace a nessuno. Ogni giudizio - ha concluso - rischierebbe di tralasciare qualcosa di quello che può accadere in quell’abisso che è il cuore umano”.