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È morto Arturo Ferruzzi, viveva a Noto

Colto da malore ieri sera. Aveva 84 anni

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/09-11-2024/morto-arturo-ferruzzi-viveva-a-noto-500.jpg È morto Arturo Ferruzzi, viveva a Noto


Noto - È morto a 84 anni Arturo Ferruzzi, imprenditore originario di Ravenna e figlio di Serafino, che ha fondato a Ravenna nel 1948 il gruppo agroalimentare di famiglia. Insieme alle sorelle Alessandra, Franca e Idina è stato protagonista dell’ascesa dell’impresa dopo la scomparsa del padre, con la guida anche di Raul Gardini (morto nel 1993, si presume suicida, dopo l’esplosione dell’indagine giudiziaria Mani pulite), fino alla crisi che l’ha colpita nel corso degli anni Novanta. 

Dei quattro figli eredi di Serafino Ferruzzi, Arturo era il più schivo, tratto caratteriale ereditato dal padre. Dal suo primo matrimonio con Emanuela Serena Monghini, ha avuto tre figli: Desideria, Massimiliano e Diletta. Nel 2001, poi, ha sposato Maria Cristina Busi, presidente di Confindustria Catania e proprietaria di alcuni stabilimenti di imbottigliamento della Coca Cola. Da alcuni anni, Arturo Ferruzzi aveva iniziato a seguire il business della moglie, spostandosi a vivere in Sicilia. È deceduto a Noto, a seguito di un malore avvertito tra le 19 e le 20 della sera di venerdì 8 novembre. Da tempo soffriva di problemi cardiaci. I funerali si terranno martedì 12 novembre a Ravenna, nella basilica di San Francesco, alle ore 11.

Le origini della società Ferruzzi

All’età di 40 anni, Serafino Ferruzzi in compagnia di due soci ha fondato la società a responsabilità limitata Ferruzzi Benini e C. (dal 1956 Ferruzzi e C.), che si occupava del commercio di materie prime in campo agricolo soprattutto i cereali. Nel corso degli anni Cinquanta l’attività si è espansa e negli anni Sessanta la Ferruzzi è arrivata a insediarsi direttamente con i propri silos in Argentina e negli Stati Uniti, diventando una delle maggiori compagnie di compravendita del mondo e acquistando grandi tenute agricole. Serafino era l’unico imprenditore italiano ad avere un posto alla Borsa merci di Chicago.

L’improvvisa morte di Serafino

In Italia all'attività commerciale si erano aggiunte attività industriali nella lavorazione dell’olio, ma anche nella produzione del calcestruzzo. Negli anni Settanta, l’impresa diventò nota in tutta Italia. Il 10 dicembre 1979, però, erafino Ferruzzi morì in un incidente occorso al suo aereo privato: in fase di atterraggio all'aeroporto di Forlì l'aereo si schiantò contro una villetta allineata con la pista. Dal suo matrimonio con Elisa Fusconi, nel 1934, nacquero i figli Arturo, Idina, Franca e Alessandra, che da quel momento si divisero un’eredità plurimiliardaria.

La direzione Gardini

I fratelli decisero di affidare le deleghe operative per tutto il gruppo a Raul Gardini, marito della primogenita Idina Ferruzzi. L’Italia in quegli anni si stava trasformando da paese importatore a paese esportatore di cereali, quindi la vendita si concentrò su altri prodotti come la soia. In pochi anni Gardini trasformò la Ferruzzi in un gruppo prevalentemente industriale, puntando su una comunicazione molto più diretta e meno schiva - tipica della famiglia Ferruzzi - che portò l’Italia e il mondo industriale a conoscere la grandezza e il potere di tale impero e su una politica di acquisizioni, come lo zucchero di Eridania negli anni Ottanta, ma anche a quota di maggioranza del gruppo Montedison spostandosi verso lo sviluppo di prodotti chimici a basso impatto ambientale ma utili nell’agricoltura. 

Il suo ruolo in Enimont (e la morte)

In seguito Gardini realizzò la fusione con Eni, fondando Enimont: ognuno dei due gruppi possedeva il 40%, mentre il restante 20% era in mano del mercato azionario. Nel 1990 l’imprenditore provò ad acquisire quest’ultima  tramite una cordata di finanzieri, a seguito di immobilismi dalla parte di Eni, disaccordi e divergenze con la parte statale della joint venture, ma questo portò a una rottura con il partner industriale. Alla fine, Gardini cedette il 40% di Enimont, di proprietà Montedison, all'Eni al prezzo di 2.800 miliardi di lire, privando il colosso privato di quasi tutto il settore chimico che deteneva prima dell'alleanza. L’indagine Mani pulite, poi, portò a galla il fatto che lui sesso  fu costretto a pagare tangenti ai partiti politici dell'epoca, nel tentativo di risparmiare sulle tasse per la vendita delle attività di Montedison. Scrisse una lettera al Sole 24 Ore sostenendo che, quando l'aveva lasciata, «la situazione finanziaria della Ferruzzi era tutt'altro che compromessa», e chiedendo la collaborazione, tra gli altri, anche di Carlo Sama (marito di Alessandra Ferruzzi) per difendersi. Fu trovato morto nella sua casa di Milano il 23 luglio 1993, si ipotizza suicida con un colpo di pistola alla testa ma non sono mancate diverse ipotesi di omicidio.

Il coinvolgimento nel caso Tangentopoli
Dopo avere preso il controllo della Montedison con una spesa di circa 2 mila miliardi di lire, Ferruzzi-Montedison diventò il secondo gruppo industriale privato italiano con ricavi per circa 20 mila miliardi di lire, con 52 mila dipendenti e più di 200 stabilimenti in tutto il mondo, oltre che il maggior produttore europeo di zucchero. Ma presto l’attività si trovò coinvolta nell’affare Enimont (fusione tra Enichem e Montedison), Gardini fu estromesso da tutte le cariche e sostituito da Arturo Ferruzzi per la holding Ferfin e Carlo Sama, marito di Alessandra Ferruzzi, per Montedison. Nel 1993 l’azienda attraversava una crisi finanziaria, che andò a intersecarsi con il caso Tangentopoli: le indagini su Enimont portarono all’arresto di molti dirigenti, tra cui Gardini e Sama. 

La crisi
La Ferfin dichiarò di non essere più capace a pagare gli interessi del debito del gruppo, così la famiglia Ferruzzi conferì a un comitato di banche creditrici un «mandato esclusivo ed irrevocabile» per la predisposizione di un piano di ristrutturazione, rinunciando a tutte le cariche societarie, a qualsiasi decisione strategica e alle proprie azioni, date in pegno ai creditori. Nel 1995, ben 311 rinunciarono a 1.126 miliardi di lire di crediti e comprarono a 1.950 lire l'una, cioè al doppio delle quotazioni di Borsa, le azioni Ferruzzi rimaste alla famiglia che poté riprendersi le tenute in Argentina, proprietà come la villa a Roma, e alcuni miliardi di liquidità.


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