Attualità Mediterraneo di morte

Pozzallo, gli scheletri della nave fantasma e il funerale a bordo

I sopravvissuti: “Mangiavamo un dattero al giorno, i corpi decomposti avvolti nei teli e consegnati al mare”

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/15-09-2022/pozzallo-gli-scheletri-della-nave-fantasma-e-il-funerale-a-bordo-500.jpg Pozzallo, gli scheletri della nave fantasma e il funerale a bordo


 Pozzallo - Fra le brande dell'hotspot di Pozzallo, mamma Amira piange su un cellulare rivedendo le foto dei suoi due figli morti di fame e di sete nel Canale di Sicilia: 3 anni il più grande, appena 8 mesi il piccolo. «Sia fatta la volontà di Dio» dice la donna, partita con il marito Abaan dai campi profughi fra Siria e Libano: la sua «disarmante serenità d’animo» finisce perfino a verbale nel fascicolo sul tavolo della procura di Ragusa, con lo strazio delle immagini scattate e girate a bordo dai superstiti. «Ci era rimasto un dattero a testa, mentre i miei bambini morivano di sete...» racconta Amira a volontari e poliziotti, citati dal Corriere della sera.

Come il ragazzino di 12 anni, che aveva continuato a bere l’acqua del mare. Stessa fine per altre tre donne. I 26 «scheletri viaggianti» rimasti - come li hanno definiti i soccorsi quando gli sono apparsi davanti, sul molo dello scalo ragusano - sono stati strappati alla morte dopo due settimane di digiuno dalla barchetta di 10 metri salpata il 27 agosto, in avaria al quarto giorno, quando già finivano cibo ed acqua. Il turco al timone ha perso la rotta: anch’egli, fino all’11 settembre, in balia delle onde che allontanavano la Grecia e avvicinavano la Libia, verso Bengasi. Ancora un altro giorno in mare e sarebbe stata una strage.

Sarebbero morti tutti se una nave di carico, la «Arizona», non si fosse avvicinata a quella zattera di "invisibili", scansata per giorni da mercantili e natanti. Poi l’allarme, la motovedetta da Pozzallo e la corsa lungo 74 miglia fino al Centro di accoglienza. Lo scafista, che ha rischiato la sua stessa vita, è stato arrestato: «Parliamo di un presunto imputato di omicidio come conseguenza di altro reato - spiega il procuratore Fabio D’Anna -, ma si tratta di un reato commesso fuori Italia da un cittadino straniero». Rischia una pena da 3 a 8 anni. «Non potevamo fare altro» spiega il padre in lacrime, con gli occhi piantati su quella fotografia.

I salvagente arancione ammassati per coprire i corpi senza vita dei due bambini; un uomo che regge un telo azzurro, coprendo la pietà. «Iniziavano a decomporsi e a emanare un cattivo odore...», così li hanno avvolti nel telo «per restituire loro un po’ di dignità, mentre pregavamo». Una sorta di funerale a bordo, filmato in un video agli atti dell'inchiesta. Li hanno inabissati «quando siamo riusciti a convincere la ragazza più giovane del gruppo, una siriana di vent’anni che non voleva staccarsi dal padre, morto fra le sue braccia». "Dobbiamo farlo, le coperte eviteranno tutto" la rassicuravano gli altri migranti mentendo, dicendole che i pesci non avrebbero aggredito le salme consegnate al mare.


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