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Scandalo sacramenti a pagamento, don Luca parroco del Redentore a Bari: “Mai confessato online”

Una “chiacchierata spirituale” al costo di 25 dollari all’ora tremite una piattaforma americana

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Bari - Una “chiacchierata spirituale” al costo di 25 dollari all’ora tremite una piattaforma americana. 
Un errore di valutazione, a suo dire, che ha portato Don Luca De Muro al centro dello scandalo dei sacramenti a pagamento. Il responsabile dell'oratorio della chiesa del Redentore a Bari ha affidato ai social il suo punto di vista dopo la vicenda che l'ha visto coinvolto, assieme ad altri due sacerdoti, nel servizio del programma Fuori dal coro, in onda su Rete4. Il parroco si sarebbe servito della piattaforma americana Pray for me, che permette a sacerdoti di tutto il mondo di vendere diverse prestazioni, dalle confessioni ai sacramenti. “In questi giorni sto vivendo una situazione che mi mette alla prova - ha scritto Don Luca sul suo profilo social - Ve ne parlo con franchezza, perché credo che sia giusto condividere ciò che è accaduto”. 

Dopo il resoconto del servizio andato in onda, De Muro specifica di non aver “mai confessato nessuno online e di non aver mai ricevuto denaro per alcuna attività legata ai sacramenti o ad altro”. E ha poi aggiunto: “Nell’occasione messa in rilievo dalla trasmissione – la prima e unica – ho accettato di parlare con una persona che sembrava avere un bisogno spirituale, convinto di poter essere di aiuto". 

Nel servizio infatti Don Luca era alle prese con una “chiacchierata spirituale” online, al costo di 25 dollari all’ora. “Ho sottovalutato le implicazioni di questa scelta: ne sono consapevole e me ne assumo la responsabilità. Appena mi sono accorto delle modalità con cui funzionava la piattaforma, ho subito ritirato la mia disponibilità”. E si è poi scusato con i fedeli, visto che “il rispetto verso chi incontro ogni giorno nel mio servizio è, da sempre, un impegno fondamentale per me. Chi mi conosce sa che ho sempre vissuto questo ministero come un dono”. Don Luca ha poi concluso il post con la lezione appresa dalla vicenda: “Educare, ed educarci, a un uso più consapevole degli strumenti digitali. Anche di quelli che parlano di fede”.


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