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Stefano Andreotti risponde a Rita Dalla Chiesa

Stefano Andreotti risponde a Rita Dalla Chiesa: “Mio padre giurò davanti a Dio che non c’entrava con l’omicidio del generale”

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/22-09-2024/stefano-andreotti-risponde-a-rita-dalla-chiesa-500.jpg Stefano Andreotti risponde a Rita Dalla Chiesa


Roma - “Mio padre giurò davanti a Dio di non avere a che fare con la morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”. Stefano Andreotti si appella alla fede, e alle verità giudiziarie, per rispondere a distanza a Rita Dalla Chiesa. “Mio padre è morto per fare un favore a un politico”, ha detto ieri la deputata di Forza Italia, figlia del generale ucciso 42 anni fa a Palermo, durante la trasmissione Tango su Raidue. La conduttrice la incalza: “E se io dico Giulio Andreotti?”. Il sorriso amaro di Dalla Chiesa, seguito da un lungo silenzio, “sembra un assenso”, chiosa la giornalista. Senza essere smentita. Una rivelazione choc che innesca subito un vespaio di polemiche.

“Non è la prima volta che succede che loro tirino in ballo mio padre per quel delitto. Il fratello della deputata, per dire, è dagli anni '80 che racconta cose del genere, ora la sorella è tornata su questa linea. A qualcuno non sono mai andate giù le sentenze di assoluzione per mio padre, quelle di Palermo e di Perugia", dice Andreotti junior all’AdnKronos. Niente guerra in tribunale, però. "Anche se ci fossero gli estremi per un’azione giudiziaria, non lo faremo, perché quello era lo stile di mio padre, lui non ha mai querelato nessuno", assicura Stefano. Che però non ha gradito il modo in cui Dalla Chiesa ha tirato in ballo la sua famiglia senza mai farne il nome: “Meno male che ha detto di volerci rispettare, altrimenti non so cosa sarebbe uscito. Devo dire che se parliamo di rispetto della famiglia, allora quello lo ha avuto davvero mio padre nei loro confronti". Non riesce a nascondere l’irritazione quando racconta che il padre avrebbe potuto parlare delle vicende del figlio di Dalla Chiesa, il sociologo Nando, negli anni della contestazione militante della sinistra extraparlamentare: "Papà non ha mai tirato fuori cose che riguardavano la loro famiglia".

Adesso, però, è pronto a farlo lui: "Nei suoi uffici di San Lorenzo in Lucina, nei primi anni '80 Dalla Chiesa venne ricevuto da papà, un lungo incontro, che secondo il racconto di Andreotti al giornalista Luigi Bisignani, vide il generale in lacrime, a raccontare a mio padre dei pessimi rapporti con il figlio, cosa che può avvenire tra persone che si stimano e sono vicine". Stefano Andreotti smentisce che i rapporti tra il padre e il generale fossero tesi, a partire dal caso Moro: “Non è affatto così. Mio padre aveva grande fiducia nel generale, lo volle a capo del nucleo speciale anti-terrorismo, facendogli avere poteri che permisero grandi risultati contro le Brigate Rosse".

Dopo il '79, Giulio Andreotti resta fuori dai governi, per poi rientrare solo nell’83 da ministro degli Esteri nel governo Craxi. "In quegli anni -assicura il figlio- Dalla Chiesa passava a Roma e chiedeva di incontrarsi con mio padre, per scambiarsi idee e confrontarsi". Stefano ricorda che suo padre sconsigliò al generale di accettare l’incarico di prefetto a Palermo: “Gli consigliò di farsi dare poteri maggiori, per poter coordinare la lotta alla criminalità, non soltanto siciliana, ma anche l'ndrangheta in Calabria e la camorra in Campania". Fino al tragico epilogo del 3 settembre 1982, dopo 100 giorni dal suo insediamento nel capoluogo siciliano, quando il generale viene massacrato dalle raffiche di kalashnikov.

"Mio padre restò colpito da quell'omicidio – ricorda il figlio di Andreotti - Tra l'altro conosceva bene la moglie Setti Carraro e la sua famiglia, con lei era stato amichevole e l'aveva aiutata ai tempi della Croce Rossa". Andreotti non andò ai funerali: "Preferisco i battesimi", si giustificò. "E' una battuta davvero infelice ma certo non esprimeva il suo pensiero del tempo", dice Stefano che con la sorella ha curato un’edizione critica dei diari del padre. "Mio padre se ne è andato sereno- continua – lui aveva una fede vera, in quelle righe che abbiamo letto la sera della scomparsa, c'era scritto 'io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la mafia, se non per combatterla, né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli'".


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