Napoli - L’uovo sodo perfetto? Questione di scienza. Con buona pace di chi ne considera la preparazione una prova per principianti della cucina. E invece no, a soccorrere i perfezionisti del palato è, ora, un singolare studio coordinato dall’università Federico II di Napoli e appena pubblicato sulla rivista “Communications engineering” del prestigioso gruppo “Nature” (Lo studio). Spoiler: basta - si fa per dire - cuocere l’uovo in una pentola di acqua bollente per due minuti e trasferirlo poi in una pentola a temperatura ambiente per altri due minuti. Ripetendo l’operazione per otto volte: in totale fanno 32 minuti. Ci vuole pazienza, insomma: chi va di fretta, opti per l’occhio di bue. Per lo studio - la cui eco ha già fatto il giro del mondo - l’ateneo partenopeo si è rivolto all’Ovomont di Castelvetere sul Calore, un’eccellenza del settore. “Fondamentale anche conoscere la data di deposizione dell’uovo”, spiega Ernesto Di Maio, che insegna Scienza tecnologia dei materiali: è stata, insomma, una cosa seria, serissima. “La sfida era quella di impostare due temperature diverse per le due parti dell’uovo, senza naturalmente scomporle. – spiega Emilia Di Lorenzo, ingegnere chimico - Albume e tuorlo hanno infatti composizione diverse e le loro proteine di disgregano a temperature differenti: rispettivamente a 85 e 65 gradi Celsius”. E se alcuni chef stellati hanno affrontato il problema a monte, separando le due parti per poi rimetterle insieme a cottura ultimata, la scienza ha provato – in ossequio alla sua vocazione, stavolta fatalmente piegata alle logiche del food - ad affidarsi a modelli matematici e computazionali in grado proprio di interpretare il trasferimento di calore all'interno dell'albume e del tuorlo. Così, è stato simulato il modo in cui tempi e temperature diversi influenzavano le parti interne scoprendo che la cosiddetta cottura periodica - ovvero la variazione della temperatura tra 100° C e 30° C - consente al tuorlo e all'albume di raggiungere temperature diverse in momenti diversi.
Eureka, si direbbe: con una cottura così progettata, l’uovo sodo “perfetto” - come hanno testimoniato otto esperti sensoriali, chiamati dal team di ricerca a misurare sapore, odore e umidità - è a portata di tutti, purché si guardi con attenzione l’orologio e, naturalmente, non si vada di fretta. Già, perché 32 minuti per un uovo sodo non sono pochi, coi "tempi” che corrono. Ma lo studio ha, naturalmente, potenziali ulteriori implicazioni: un approccio utile nella progettazione dei materiali, un esercizio di stile che intanto lascia in dote una ricetta ai consumatori di uova che non si accontentano di una cottura distratta. Si fa presto, insomma, a dire uovo sodo.