Chi ha pensato di ristrutturare un immobile con il Superbonus e poi rivenderlo e guadagnarci su ora dovrà fare i conti con il Fisco. A parte il caso della prima casa e degli immobili ereditati (per i quali le decisioni dell’ultimo proprietario deceduto non saranno vincolanti), chi vende un appartamento ristrutturato con la super agevolazione prima di cinque anni dalla fine dei lavori e se ha optato per lo sconto in fattura o la cessione del credito dovrà pagare le tasse su tutto il guadagno realizzato. Lo spiega l’articolo 18 della bozza di legge di Bilancio, che in assenza di modifiche in Parlamento andrà a colpire le compravendite effettuate a partire dal 1° gennaio del prossimo anno. I lavori realizzati con il Superbonus, infatti, vengono inseriti nell’elenco delle plusvalenze tassate con l’imposta sostitutiva del reddito del 26%.
Cosa cambia con la nuova tassazione
Attualmente, le cessioni con guadagno di beni immobili acquistati, costruiti o ricevuti in donazione da non più di cinque anni sono considerate plusvalenze e sottoposte, appunto, alla tassazione del 26% (quelle vendute dopo 5 anni sono invece escluse). Il calcolo viene fatto considerando la differenza tra quanto incassato per la vendita della casa o dell’appartamento e quello che era stato il prezzo di acquisto o di costruzione (che può essere rivalutato secondo l’inflazione) sommato a ogni costo legato all’immobile (le speri notarili, le imposte di trascrizione, ipotecaria e catastali, le spese per la ristrutturazione, etc). In questi costi rientrano quelli legati alla ristrutturazione, al miglioramento energetico, etc. Queste spese fanno diminuire la differenza con il prezzo di vendita. La decisione del governo Meloni è che nel caso di vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus i costi dei lavori non concorreranno a diminuire la plusvalenza, se si è ricorsi alla cessione del credito o allo sconto in fattura. Salvi, invece, i proprietari che abbiano ottenuto l’agevolazione fiscale tramite il rimborso della propria Irpef versata.