Comiso - Prende forma il progetto di riconvertire l’ex base Nato di Comiso a rifugio per i profughi dalla guerra in Ucraina: la dirigente regionale della Protezione civile siciliana, Sonia Alfano, sta studiando davvero la possibilità di ospitarli nelle villette del sito e ha contattato il sindaco, che a fine febbraio aveva dato la disponibilità nell’area limitrofa all’aeroporto civile (da tempo passata al Demanio regionale e affidata in concessione al Comune), per chiedere la documentazione relativa agli edifici sfruttabili per ospitalità.
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«Abbiamo inviato la planimetria dell’area e delle 38 villette disponibili, con due o tre camere da letto, che potrebbero ospitare circa 220/230 profughi - ha detto Maria Rita Schembari -. Noi siamo pronti, se il governo nazionale e la Regione ci daranno le indicazioni». Le case della cosiddetta «zona americana» dei prefabbricati in disuso dal 1999, sono invece inutilizzabili. Ne vediamo una parte nelle foto allegate, scattate alcune settimane fa. Dai calcoli di Ragusanews, ci vorrà almeno un milione di euro per rimettere tutto a posto.
L’ex base missilistica di Comiso, installata sul preesistente ma disattivo aeroporto Vincenzo Magliocco, venne smantellata nel maggio del 1991: l’ultima batteria di missili Cruise lasciò Comiso il 26 marzo di quell'anno, in base agli accordi tra Reagan e Gorbaciov. I 112 missili Cruise, la cui installazione venne autorizzata dal governo Craxi dieci anni prima, furono operativi a partire dal 30 giugno 1983 nell’ambito di decisioni Nato per il riequilibro della deterrenza, dopo il dispiegamento di missili SS-20 sovietici del Patto di Varsavia.
Quando gli Usa la presero in carico, la struttura - che si estende su 200 ettari - divenne una cittadella autosufficiente, dotata oltre che di un vasto ed attrezzato centro comando con varie dependance, anche di mille appartamenti con settemila posti letto, supermercati, chiese, centri sociali, impianti per gli sport più disparati (all’aperto ed al coperto), mini ospedale (ma con altissime specializzazioni). Tutti gli edifici erano dotati di impianti di condizionamento d’aria.
La base tornò alla ribalta, prima che una parte della sua aerea fosse trasformata nell’odierno «Pio La Torre», con la missione Arcobaleno durante la guerra nella ex Jugoslavia, tramutandosi grazie all’allora sindaco Pippo Di Giacomo in cittadella per oltre 6mila profughi del Kosovo, che cominciarono ad arrivare nel 1999: in pochissimo tempo la base trasformata in un piccolo paese dotato di cucine attrezzate di tutto punto, alloggi, parco per i giochi dei bambini, magazzino per i vestititi, spaccio di generi alimentari. Esattamente come sta per riaccadere oggi.