Raffreddori, influenza e bronchiti sono compagni abituali di questi giorni a cerniera tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno. Complici anche le riunioni festive e le prolungate permanenze al chiuso, i virus si trasmettono più facilmente da una persona all’altra. E le temperature rigide all’esterno, alternate al caldo e all’aria secca delle case favoriscono la diffusione del contagio.
Ma come distinguere una semplice infreddatura da qualcosa di più serio e quando ricorrere ai farmaci?
Nel periodo invernale, le affezioni respiratorie, causate per lo più da virus, sono una costante e possono riguardare sia le alte che le basse vie respiratorie, provocando così dalla semplice faringite e laringite, alle tracheo-bronchiti, fino alle polmoniti. A rischio, soprattutto le persone over 60 e i soggetti portatori di condizioni croniche respiratorie, ma anche metaboliche o cardiovascolari.
Le bronchiti sono quasi sempre sostenute da infezioni virali, quali influenza, rinovirus, virus respiratorio sinciziale (VRS), Covid-19 e in genere si risolvono spontaneamente. Ma nei pazienti complessi può essere opportuno ricorrere a farmaci anti-virali, se diagnosticate in modo adeguato nelle prime ore dall’infezione. A volte queste forme virali possono complicarsi con sovrapposizioni batteriche. La sintomatologia comprende febbre alta e tosse con espettorato che, nel caso di un’infezione batterica sarà più abbondante, denso e colorato. Questo può guidare il medico ad un adeguato trattamento, anche antibiotico, impostato in modo empirico. Nei casi più complessi può essere necessario ricorrere all’esame diretto e colturale dell’espettorato con antibiogramma, per un approccio terapeutico più mirato.
La polmonite “tipica”, quella che coinvolge vie aeree e spazi alveolari, è caratterizzata da febbre alta, accompagnata da brivido scuotente (soprattutto nei giovani), tosse con espettorato e da dispnea (difficoltà respiratoria), se l’area polmonare interessata è estesa. Ma esistono anche le polmoniti interstiziali o “atipiche”, causate da un piccolo gruppo di microrganismi, che hanno una clinica più sfumata, per questo gli americani le chiamano “walking pneumonia”. In questo caso la febbre è modesta ed accompagnata da un’intensa debolezza che si protrae per alcuni giorni. La clinica, ma anche l’auscultazione del torace possono non essere dirimenti; per questo il medico potrà chiedere esami di laboratorio e una radiografia (o una TAC) del torace, che evidenzierà il caratteristico infiltrato che coinvolge soprattutto l’interstizio polmonare.
La prevenzione è sempre la migliore difesa e la strategia principale è rappresentata dai vaccini (contro pneumococco, influenza, Covid-19 e VRS). Poi a guidare devono essere le regole di buonsenso. Nei giorni di festa si ha il piacere di riunirsi in tanti, al chiuso ma, chi è influenzato - consiglia l’esperta - dovrebbe evitare di partecipare o almeno restare un po’ in disparte, indossando una mascherina. Quando si esce all’aperto è bene proteggere le vie aeree, con una sciarpa davanti a naso e bocca per riscaldare l’aria inspirata.
Attenzione anche all’aria inquinata. Il particolato (PM2.5 e PM10) può irritare e infiammare le vie aeree e questo può predispone i più fragili alle infezioni respiratorie. Ricorrere al bicchiere di vino o anche al vin brulé non protegge dalle affezioni respiratorie e non svolge alcun ruolo curativo. Meglio una tisana, semmai. Anche la vitamina C non ha un ruolo terapeutico diretto nei confronti delle infezioni virali, né le previene. Ma è un ottimo antiossidante, quindi potenzia la capacità di reazione del sistema immunitario. Stessa cosa per la vitamina D, che aiuta le nostre difese pur non avendo un ruolo diretto contro virus e batteri.