Cronaca Bari

Arrestato don Nicola D'Onghia: investì Fabiana Chiarappa e fuggì. Gip: Guidava parlando al telefono

Nicola D'Onghia, indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso, è finito ai domiciliari per il pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/29-04-2025/arrestato-don-nicola-d-onghia-investi-fabiana-chiarappa-e-fuggi-gip-guidava-parlando-al-telefono-500.jpg Arrestato don Nicola D'Onghia: investì Fabiana Chiarappa e fuggì. Gip: Guidava parlando al telefono


Bari - Finisce ai domiciliari don Nicola D’Onghia, il parroco 54enne indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte di Fabiana Chiarappa, la 32enne deceduta lo scorso 2 aprile in seguito a un incidente avvenuto mentre era a bordo della sua moto. La 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, stava percorrendo la provinciale che collega Turi a Putignano quando, per cause ancora da chiarire, è finita fuori strada andando a sbattere contro un muretto a secco. Ma poi, secondo quanto ricostruito finora, sarebbe anche stata schiacciata da un’auto. Forse dalla Fiat Bravo guidata da D’Onghia, che ai carabinieri ha raccontato di essere passato da lì la sera del 2 aprile e di aver sentito un rumore al pianale della propria auto, ma di non aver visto né la moto né la ragazza. 

Sull’auto del prete sono state trovate tracce di sangue, probabilmente appartenenti alla stessa vittima. L’arresto è stato eseguito dai carabinieri, le cui indagini sono coordinate dalla pm Ileana Ramundo. Il gip che l’ha disposto ha rilevato il pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato. Secondo quanto accertato, a provocare la morte della 32enne non sarebbe stata stata la caduta e nemmeno il successivo impatto con il muretto a secco: Fabiana Chiarappa sarebbe deceduta dopo essere stata travolta dalla Fiat Bravo guidata da don Nicola D’Onghia. È quanto emerge dall’ordinanza con cui il gip Nicola Bonante ha disposto l’arresto del prete, eseguito dai carabinieri. 

Dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis e dalla pm Ileana Ramundo, infatti, emerge come il parrocco – che fino a 11 secondi prima dell’impatto stava utilizzando il cellulare – abbia travolto la 32enne, mentre questa si trovava ancora sulla carreggiata dopo aver perso il controllo della sua moto Suzuki. Dopo essere caduta, infatti, la 32enne (rugbista e soccorritrice del 118) avrebbe provato a rialzarsi, come sarebbe dimostrato anche dal fatto che i suoi guanti sono stati trovati distanti dal corpo, appoggiati sul muretto a secco. L’utilizzo del cellulare fino a pochi secondi prima dell’impatto tra la sua Fiat Bravo e il corpo di Fabiana Chiarappa, avrebbe distratto don Nicola D’Onghia in modo da impedirgli di accorgersi tempestivamente della presenza sull’asfalto della 32enne, caduta pochi secondi prima. Il parroco 54enne, sacerdote nella chiesa di San Giovanni Battista di Turi (Bari) e docente della facoltà teologica pugliese, fino a poco prima dell’incidente era al telefono con una persona e, dopo aver chiuso, ha provato a chiamare ripetutamente un altro uomo. Appena undici secondi dopo l’ultimo tentativo, avrebbe colpito Fabiana Chiarappa, a terra dopo aver perso il controllo della sua moto Suzuki. E il prete, secondo la ricostruzione dei pm, avrebbe guidato a una velocità non adeguata dalle circostanze di tempo (era sera) e del luogo (una strada stretta e buia, con asfalto scivoloso a causa dell’umidità). L’impatto tra l’auto e il corpo di Chiarappa sarebbe avvenuto 20 secondi dopo la caduta della vittima dalla moto. La 32enne, da quanto emerso dall’autopsia, sarebbe morta perché colpita alla testa dall’auto, e dopo il primo impatto sarebbe stata trascinata sull’asfalto per alcuni metri. Gli accertamenti successivi sulla Fiat Bravo di D’Onghia hanno permesso di rilevare delle tracce di sangue sull’auto, che presentava una spaccatura sotto il paraurti e una deformazione per contatto diretto contro il casco. 

A confermare l’uso del cellulare negli attimi immediatamente precedenti all’incidente è l’analisi dei tabulati telefonici di D’Onghia. La cui versione, secondo la quale non si sarebbe accorto di nulla se non di aver urtato qualcosa (“una pietra, un sasso”, ha detto a carabinieri e pm) non è stata ritenuta credibile dagli inquirenti. Che anzi – nell’ordinanza con cui il gip di Bari Nicola Bonante ne ha disposto i domiciliari – l’hanno definita inverosimile. Non è possibile, nota il giudice, che il parroco 54enne abbia scambiato per una pietra il corpo della vittima, che è stato prima sormontato dalla Fiat Bravo e poi trascinato per alcuni metri sull’asfalto. Come ricostruito dalle indagini, meno di 20 secondi dopo aver avvertito il rumore D’Onghia si è fermato in una stazione di servizio distante poche centinaia di metri per controllare eventuali danni all’auto. Dopo aver notato come l’auto fosse danneggiata, ha chiamato la sorella per chiedere aiuto. Ma poi, dopo aver visto che sulla strada si creava traffico e dopo aver notato le sirene blu di ambulanze e auto dei carabinieri, non si sarebbe preoccupato di verificarne il motivo, decidendo di rientrare a casa insieme alla sorella e al cognato.


© Riproduzione riservata