Siracusa – “Le richieste ai miei video arrivavano anche dai miei colleghi di banca". Benedetta D’Anna, l'impiegata licenziata per aver girato un film porno “La bancaria” col nome d’arte di Benny Green. Nata a Torino 40 anni fa ma residente da sempre nel capoluogo aretuseo, “ho sempre provato il desiderio di esibirmi, anche sessualmente, e finalmente ci sono riuscita”. Il suo futuro ormai è nell’hard, ma non vuole perdere la “buonuscita” dopo gli anni migliori spesi in ufficio.
"Ero una bancaria, facevo questo mestiere da 17 anni, un po’ per volontà della famiglia un po’ per cultura, è stato un percorso quasi obbligato. Poi ad un certo punto ho cominciato a tirare fuori la mia vena artistica, ma non durante gli orari di lavoro" insiste oggi Benny a "Controcorrente" su Rete4. E’ solo una rimasta disoccupata, che ha deciso di girare quella pellicola a luci rosse “in tema”, di cui vediamo la locandina. "Sono una mamma single e devo ammettere si è palesata l’esigenza di aumentare il guadagno – racconta –, con il Covid il mio business ha avuto un exploit e in banca sembravano prendere coscienza di questa mia attività, diventando perfino fruitori in prima persona della mia piattaforma".
Ad un certo punto, però, qualcosa s’è incrinato ed è cresciuta la tensione sul luogo di lavoro: "A causa di un intervento mi sono dovuta assentare per malattia e nel momento in cui dovevo rientrare c’erano diversi ostacoli. Non riuscivo a prolungare la malattia e allora ho chiesto un’aspettativa per motivi personali, che è stata ostacolata". "Un gesto dovuto a preconcetti nei confronti di una donna che ha una sua vita privata, personale, che non interferisce in alcun modo con la sua mansione all'interno di una filiale” sostiene l’avvocato Piero Ortisi che la assiste.
L’istituto non avrebbe avuto il diritto di entrare nel merito di scelte artistiche e professionali, che non riguardavano il suo lavoro da impiegata. “Quante persone, per hobby e passione, si dedicano ad esempio al teatro dopo il lavoro? - argomenta il legale -. Adesso è senza stipendio dallo scorso ottobre, abbiamo chiesto il Tfr e speriamo che questa storia possa concludersi nella maniera più corretta e rispettosa". Prima del licenziamento, a novembre era scattata la sospensione: “Mi hanno inviato delle lettere di richiamo – aggiunge Benny - in cui hanno citato delle frasi contenute nei miei profili privati su OnlyFans, dando giudizi morali su quello che faccio”.
Secondo i suoi vecchi capi, invece, le attività extra sarebbero state svolte anche durante l'orario di lavoro, con assenze o permessi ingiustificate e addirittura falsi certificati di malattia. La battaglia della donna non è solo economica ma anche di principio, per ottenere un riconoscimento ufficiale del proprio mestiere e “sfidare abusi e falsi moralismi”. Adesso sarà un giudice a doversi esprimere. Non attraverso il reintegro in azienda, a cui lei non è assolutamente interessata, ma tramite un indennizzo in denaro per i danni materiali e morali subiti. Oppure archiviando il fascicolo e riconoscendo la “giusta causa”.