Palermo - «Rimarrai nei nostri cuori». A scriverlo sulla propria pagina Facebook è Giuseppe Lo Jacono, titolare del ristorante Appetì di Palermo. È lì che Badr Boujemai, 41 anni, lavorava e lì si trovava ieri sera, pochi minuti prima di incontrare il killer che gli ha sparato tre colpi di arma da fuoco, l’ultimo dei quali alla testa, come fosse un’esecuzione.
Una persona ben voluta da tutti, così ne parla chi lo conosceva. «Era una persona tranquilla, mai niente di sospetto o di strano, nessuno qui era venuto a cercarlo, un uomo felice, sempre con il sorriso al lavoro e parole dolci per la sua famiglia – continua Lo Jacono – Aveva due bambini, di uno e cinque anni, lo avevo conosciuto perché cercava lavoro e qui avevo bisogno di personale. Faceva il buttadentro, attirava e accoglieva i clienti, era di natura una persona sorridente e serena. Lo chiamavamo Samir, prima di arrivare qui a Palermo lavorava sulle navi della Grimaldi. In città aveva finalmente trovato stipendio e rispetto ed era molto apprezzato dai clienti, dai quali riceveva anche ottime recensioni».
Sulla morte di Boudjemai stanno indagando i carabinieri del reparto operativo. Si cerca anche un possibile complice dell’omicida, che lo avrebbe aiutato nella fuga. Carabinieri che hanno anche sentito colleghi di lavoro dell’uomo e clienti del ristorante e che fanno grosso affidamento adesso sulle immagini delle tante telecamere di sorveglianza presenti in via Roma. Il corpo dell’uomo è stato portato al reparto di medicina legale dell’ospedale Policlinico per eseguire l’autopsia.
Era il 2010 quando Badr è venuto in vacanza a trovare la sorella più piccola, Fella, mediatrice culturale di Medici senza frontiere. E' lei a raccontare chi era il fratello. "Un uomo sempre sorridente, legato profondamente alla sua famiglia, soprattutto ai suoi due bambini". Era infatti sposato con una donna di origini tunisine. Con lei aveva avuto due bambini, oggi piccolissimi: una femminuccia di 4 anni e un maschietto di appena 8 mesi. "Dopo il secondo figlio - racconta ancora la sorella - la moglie ha smesso di lavorare per accudirli. Era mio fratello a pensare a tutto. Lavorava dalla mattina alla sera solo per loro, non prendendo mai neppure un giorno libero". Lavorava come cameriere da Appetì, un ristorante di via Emerico Amari, e ieri sera stava giusto tornando a casa dopo la fine del suo turno. "Ogni giorno - racconta ancora la sorella - mandava un messaggio alla moglie per dire 'ho finito, sto tornando'. Anche stanotte lo ha fatto. Solo che a casa non è mai tornato. Il suo lavoro gli piaceva. Da quando è arrivato a Palermo ha sempre fatto il cameriere in vari locali, da via Olivella a via Maqueda. Serviva ai tavoli, parlava coi clienti con dolcezza, intrattenendoli con le sue battute. Una persona sempre allegra. Quando accoglieva la gente al ristorante, prima di farli accomodare, gli regalava un sorriso".