Scicli - C’è una linea del sacro che tiene insieme la religiosità che si praticava sul colle di San Matteo a Scicli, prima del terremoto del 1693 -che mise in ginocchio le comunità del Val di Noto- e la vallata di Santa Maria La Nova. Chi oggi volesse rintracciare l’animo autentico di Scicli, la sua pietas popolare e genuina, deve recarsi al Santuario di Santa Maria La Nova per scorgere la radice antica di questo sentimento.
San Guglielmo fu sepolto a San Matteo e a Santa Maria La Nova aveva casa. La tensione ideale e religiosa fra la città del passato e la Scicli di oggi, sta in questo semplicissimo fatto storico. Nella ricostruzione a valle post terremoto, Scicli mantiene i suoi tratti fisiognomici nel quartiere della confraternita della Stella.
Così, Nonna Concetta vestiva a lutto ogni venerdì, e in camera da letto accendeva con uno stoppino un lumino su un piatto d’olio. Vestita di nero, con la zia Mimmina andava in pellegrinaggio all’Addolorata di Santa Maria La Nova. Un rito solenne, cadenzato, settimanale, arcaico.
La centralità del culto dell’Addolorata a Scicli è la centralità della donna e di una cultura che si professa patriarcale, ma è sempre e solo stata matriarcale. Qui la sposa, la madre, e la madre addolorata sono il punto più profondo dell’emozione collettiva.
Sì, la sposa. Perché la sposa è la donna, è la nuova vita che si annuncia al mondo, è la speranza, è il futuro. E’ Gioia e preghiera.