Cantava nei bordelli per guadagnarsi da vivere Violeta Parra (Cile, 1917-1967).
Contadina, apprendista circense, addetta alla pulizia delle tombe al cimitero, Violeta aveva otto fratelli, un padre professore di musica semidisoccupato, una mamma sarta, cui rubò la chitarra dopo averne scoperto il nascondiglio. Quando il papà morì, Violeta -ancora minorenne- iniziò il suo viaggio nelle campagne del Cile, raccogliendo la musica contadina cilena, recuperando una tradizione orale che senza di lei sarebbe andata perduta.
Cantava Violeta. La sua voce era inconfondibile: acuta e graffiante, scivolava nel lamento, mostrandosi ora tenera e ironica, a volte grido lacerante. Armata di quaderni, di penne e di un registratore, Violeta percorse il Cile alla ricerca delle radici musicali del suo popolo registrandole “live” dalle voci dei vecchi contadini. Recuperò tremila canzoni popolari che stavano per scomparire dalla memoria collettiva. Portò la musica cilena a un livello di dignità così importante da far nascere il movimento Nueva Canción Chilena. Il poeta Pablo Neruda la volle a casa per un recital: le canzoni che ora Violeta componeva di suo pugno erano attraversate da una vena profonda di denuncia sociale delle ingiustizie patite dai contadini di quel Paese. Popolare, impegnata sul piano civile, romantica e altissima, un anno prima di porre fine alla sua esistenza scrisse una delle canzoni più famose del mondo, resa celebre in Italia da una commovente traduzione di Gabriella Ferri: Gracias a la vida. E’ il suo grazie alla vita, a quella che ognuno di noi vive, e forse a quella degli altri, a quella delle persone cui vogliamo bene, anche a loro insaputa. A loro insaputa. O quasi. Eccola, Gracias a la vida, interpretata da Maddalena Crippa: