Scicli - Pubblichiamo la prefazione al nuovo libro di Pino Nifosì sul dialetto che scompare, intitolato "A scala ri San-Gn-Iabbicu", ovvero "la scala di Giacobbe", la Via Lattea, a cura del professore Giovanni Di Stefano, dell'Università della Calabria e dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata.
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"Archeologia dei miti
Dopo avere studiato le pagine dell'opera di Pino Nifosì mi chiedo chissà cosa avrebbero scritto Calvino e Sciascia che avevano firmato, rispettivamente, l'introduzione a "Le parità morali di nostri villani (di Serafino Amabile Guastella),1976, e " Feste religiose in Sicilia",1965. Mi sono altresì chiesto in quale dei volumi di Giuseppe Pitrè (Fiabe popolari, Scherzi e aneddoti, Tradizioni storiche e fantastiche, Proverbi e modi di dire, Favolette e apologhi) potrebbero trovare posto gli aneddoti, i modi di dire, gli enigmi e le favole raccolte da Pino Nifosì.
L' Autore di questa Opera in realtà fa una doppia operazione: uno "scavo" filologico nelle opere classiche e la ricerca nella narrativa orale, locale, di una mitologia comparata.
Nel tomo I, libro II, la ricerca si articola con una rassegna delle opere di Esopo, di Esiodo, di Eraclito, di Eschilo, di Sofocle, di Apollodoro, di Pausania, di Ovidio, di Fedro. Per ognuno di questi Autori Nifosì seleziona testi nei quali non manca di ritrovare collegamenti con modi di dire che rintraccia nel mondo contadino del secolo scorso. Il valore aggiunto della ricerca di Nifosì è che le " fonti" sono correttamente registrate.
La sorpresa nella lettura dell'opera di Nifosì è che episodi della narrativa antica, come " Il riccio e la volpe", "L' aquila e la volpe","L'enigma della Sfinge", il racconto di "Calcante, Mopso e la scrofa", o dell'asino che insegnò a potare la vigna, o del "corvo con le carni nere", o del dialogo fra l' asino e il vecchio pastore ci sono varianti in un' infinità di detti popolari locali.
Sono aneddoti che vanno vanno ben oltre i ben noti miti di Aci e Galatea, Ade e Proserpina, Aretusa e Cariddi, e quindi il lavoro di Pino Nifosì appare prezioso: un utile canovaccio che non mancherà di essere al centro dell'attenzione di etno-antropologi, studiosi delle tradizioni popolari, filologi e antichisti.
Quali sono i meccanismi di reiterazione, di sopravvivenza, di questa mitologia comparata? C'è una stratificazione di questi aneddoti lunga secoli e secoli, dal mondo antico fino al secolo scorso? C' è un rapporto fra i testi letterari storicizzati nei secoli e la cultura orale contadina? Ci sono percorsi di trasmissione orale?
Coriandoli preziosi, frammenti di un passato, antico, ancestrale che ci affascina al solo pensiero di riascoltare brani di una letteratura ad un tratto viva, di una classicità che ritrovarla così ci esalta, oppure sono fenomeni di incredibili coincidenze situazionali?
Le coincidenze fra i racconti popolari raccolti da Nifosì, ad esempio, con gli episodi dell'enigma della Sfinge, o del mito di Calcante e la scrofa, o del corvo con le carni nere sono veramente stupefacenti.
Se nel DNA delle popolazioni dell'Italia meridionale e della Sicilia sopravvive il patrimonio genetico dei greci, oggi in corso di accertamento attraverso lo studio del "cromosoma y", allora tutto è possibile? Forse i nostri nonni senza saperlo ripetevano con modi di dire frammenti della letteratura greca?
Da archeologo abituato a scrivere la storia con i resti della cultura materiale (frammenti e stratificazioni) spero che anche la cultura orale diventi fonte per la storia, con la "s" maiuscola".