Cultura Modica

Paola Careno, architetta e 3D artist. Il suo è un punto in movimento

Paola Careno, classe 1995, modicana, architetto e 3D artist, lavora per Diorama, azienda con sede a Milano e Parigi, specializzata nella creazione di asset digitali



Milano - I fiori sono il soggetto, il tema è il doppio, il mutevole, l’effimero, il buio.
Paola Careno, classe 1995, modicana, architetto e 3D artist, lavora per Diorama, azienda con sede a Milano e Parigi, specializzata nella creazione di asset digitali per diverse discipline che spaziano dall'architettura al design, dalla moda, al cinema, all'arte.

“Un punto di vista in movimento. L’espressione non indica un punto di vista volubile o incostante, ma l’esplorazione effettuata con un certo tipo di raggi X che, cambiando angolazione, dà l’illusione della tridimensionalità”, spiega nel libro “Il punto in movimento” il grande regista inglese Peter Brook (Londra, 1925).

Paola, una laurea in architettura a Venezia, fa sua questa lezione e crea, spostando il proprio punto di osservazione, la tridimensionalità dei sentimenti.
La sua composizione in 3D non è un esercizio formale ma innanzitutto ricerca concettuale.
Così nei suoi progetti il processo di sintesi tra immagini, colori, forme e dettagli è preceduto sempre da una ricerca di senso, alimentata da film, libri, suoni e confronti, mentre i temi ricorrenti sono quelli della natura.

La incontriamo nell’opera “Digitalies”, crasi inventata da Paola delle parole digital e realities, due parole appunto dal significato opposto, il digitale e il reale, per quanto in realtà digitale venga dal latino digitus, che indica qualcosa di molto fisico, il dito. Da questo doppio contrasto ne deriva un altro grazie all’uso dell’immagine del fiore “digitalis purpurea”, fiore tossico e curativo al tempo stesso: il progetto Digitalies diventa frutto di un lavoro di composizione, concettuale e formale, di una trama che ruota attorno ai temi del doppio, del mutevole, del molteplice, dell’effimero, del sotterraneo, del buio.


Digitalies

O ancora la incrociamo mentre rappresenta nelle sue composizioni 3D il deserto, le cui dune hanno l’andamento sinuoso e sensuale delle onde del mare. “Al centro di questo lavoro c’è il tema della trasformazione e del movimento perché il mare e il deserto sono luoghi di transito -spiega Paola-, sono elementi in grado di trasformare altri elementi e subiscono a loro volta delle modificazioni come quelle ad esempio causate dal cambiamento climatico. Infine, i fiori di sabbia e i numeri sparsi nello spazio rappresentano la resilienza a fenomeni spesso inevitabili: “Il deserto forse ucciderà i nostri fiori, vorrà dire che impareranno a rinascere sabbia”, dice ne “Il deserto delle sirene” Leonardo Caffo”.

Deserto

Il percorso di Careno parte però dal territorio, la sua tesi di laurea magistrale si intitola “Ragusa città Porosa” e propone la funzionalizzazione delle latomie di Cava Gonfalone a Ragusa in un viaggio attraverso gli spazi sotterranei della città (tra catacombe, miniere di asfalto, rifugi antiaerei e latomie) volto a indagarne le potenzialità del “sopra-suolo” e del “sottosuolo”.

Ragusa è porosa secondo Careno come Napoli, Siracusa, dove la città sotterranea vive di una narrazione altra rispetto alla città che vive alla luce del sole.

Il progetto si sviluppa all’interno di cava Gonfalone la cui latomia è stata scavata per estrarre la pietra per la costruzione della città nel ‘900. La latomia è il luogo “altro” rispetto al sopra-suolo, luogo di evasione dal caldo estivo e dalla dimensione caotica della città, dove il vuoto e non più il pieno ha valore, la sacralità dell’assenza che diventa catabasi, discesa nel passato, nell’identità, nella memoria.
 
La grande latomia di Cava Gonfalone a Ragusa


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