Ragusa - Altro che il castello in vetroresina delle cerimonie napulitane, qui parliamo di pezzi di storia dell’architettura italiana di due secoli fa, quando s’andava col calesse e nella torre c’erano principi e principesse vere. Disabitato da anni Castello San Filippo, a 8 km da Ragusa Ibla, è in vendita dall’anno scorso ma il prezzo è rimasto invariato: un milione e mezzo di euro tondi tondi. Nelle agenzie compare umilmente nelle categorie dei rustici, casali e masserie. Ora è finito pure nel catalogo internazionale di Sotheby’s, che ha scattato le nuove foto allegate: “C'è una Sicilia che va oltre le immagini del mare per far spazio all'identità della campagna, meno scontata, meno esplorata, ma ancor più potente e suggestiva: ricca di tramonti mozzafiato, ancestrali silenzi e vallate prosperose. Fra muri a secco, manti di carrubo e ulivi secolari, ecco un pezzo di Sicilia, nel paesaggio rurale Ibleo, fortemente antropizzato, dove spicca la Torre San Filippo”.
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II sito non menziona la misteriosa leggenda secondo cui il 7 di ogni mese apparirebbe lo spettro della signora del castello che si butta dalla torre per sfuggire a 7 cani sguinzagliatile contro dal marito, tradito col guardiacaccia. Sarà il fantasma ad aver allontanato gli acquirenti? Non parliamo di una comparsata l’anno ma di un suicidio fisso ogni mese, dopo un po’ potrebbe diventare ingombrante conviverci. Racconti a parte, resta il “giallo” sul perché una fortezza in pietra con una ventina di maxi locali, neanche troppo diroccata e di tale estensione e imponenza (67mila mq di superficie totale, tra interi ed esterni a perdita d’occhio) non abbia ancora attirato l’interesse di qualche gruppo alberghiero o di un regista che ne adoperi le suggestive mura come set cinematografico.
San Filippo è il simbolo del comprensorio delle valli: proprio la sua torre è stata logo del recente progetto di sviluppo LORE della CE. era rappresentato dalla torre di San Filippo. Progettista e primo proprietario fu Giorgio Schininà, Marchese di Sant'Elia. Nel 1957 l'intera tenuta fu acquistata dal Cav. Vito Veninata in favore delle figlie Emanuela, Elisa e Maria: quest'ultima è la madre dei fratelli Ottaviano, attuali proprietari. Da allora fino agli anni 90 è stato dimora estiva della famiglia, trasformandosi nei mesi di villeggiatura in un piccolo borgo per la mietitura del grano e la raccolta di mandorle, carrube e olive.
Le poche informazioni sulla tenuta provengono dai racconti dei contadini e in particolare del Massa Turiddu Rosso inteso Farina. Padre di 9 figli, passò lì tutta la sua vita e narra di un mondo che non c'è più. Dalla sentinella fissa sulla torre al cannone che ogni domenica sparava un colpo, dai formaggi che si producevano tutte le mattine nella casa del fuoco e della festa di Santa Rosalia: a poche centinaia di metri dal castello si erge una chiesetta a lei dedicata, dove nei giorni di festa si raccoglievano le maestranze contadine e dove prima sorgeva una grotta, teatro di un'altra leggenda: si narra, infatti, che la Santa vi si rifugiasse in preghiera. Della dama inseguita dei cani, però, Turiddu non ha mai fatto parola.