Milano - Oste e cuoco si definisce Filippo La Mantia. Il 31 gennaio ha chiuso il suo ristorante in piazza Risorgimento a Milano, "Filippo la Mantia Oste e Cuoco". La Mantia è stanco dello stop and go che la pandemia ha determinato per chi fa il suo lavoro, quello di ristoratore. E su La Stampa di Torino di oggi scrive: "L'argomento è molto delicato. Lo è perché improvvisamente tutti hanno iniziato a parlare di una esigenza che doveva essere risolta mesi fa. Ci vuole preparazione per gestire questo tipo di problematiche che coinvolgono categorie che vivono del quotidiano. Ma, sempre mettendo la salute in primo piano, non si dovevano mettere insieme ristorazione e “movida”.
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Le aperture sono legittime, se fatte in sicurezza. L’unico cambiamento, rispetto ai mesi scorsi, è stato la chiusura di tante strutture, casse integrazioni non pagate, crisi del settore con indebitamenti ed insicurezza. Se si fosse organizzato un team di esperti che avesse valutato la sicurezza dei locali e la conseguente apertura, tante cose non sarebbero successe. Tutti noi abbiamo assistito in questi mesi a bus strapieni e locali chiusi. Parlo ogni giorno con colleghi, da Nord a Sud, e tutti abbiamo perso soldi, fiducia, e collaboratori importanti per il nostro lavoro ed acquistato tanta insicurezza per il futuro. Quello che è perso non si recupera più. Io stesso ho dovuto chiudere definitivamente il mio ristorante. Non potevo più supportare i costi elevati che fino a febbraio 2020 erano in linea con il lavoro. Ma è andata così. Oggi ho ripreso il delivery ospite nelle cucine di un grande amico chef. Quando Fontana ribadisce che la categoria è a forte rischio, non dice nulla di nuovo. Sta rimarcando un concetto che è stato spinto dalla Fipe che la ristorazione, prima considerata come una grande risorsa per il paese, è stata quasi eliminata, così come lo spettacolo. Pensate come ci siamo ritrovati da marzo del 2020 ad oggi. Prima lo slogan di fare acquisti con le carte di credito, la gente esce numerosa e i contagi risalgono. L'estate del 2020 è stato uno sfacelo. Tutti fuori e migliaia di contagi. Poi tutti chiusi. Poi solamente a pranzo. Per aprire un ristorante serio ci sono giorni di preparazione, non si tratta solamente di accendere una macchina del caffè e scongelare brioche. Spero che tutta la categoria possa farcela. Io per adesso ho deciso di smettere".